NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 4 luglio 2011

Il " Quaderno dell'attivista" del Partito Nazionale Monarchico e del suo Movimento Giovanile


Disputa secolare (Monarchia-Repubblica)

Ogni movimento politico è condizionato de premesse d'ordine storico e politico. Sotto questo riguardo appare giustificatamente impostato il problema che sta al centro della secolare disputa tra repubblicani e monarchici: se sia da ritenersi, cioè, superata o meno l'istituzione monarchica (ossia: se l'istituto monarchico sia adeguato alla moderna società politica ed alla nostra società politica in particolare).

I repubblicani danno a questo interrogativo una risposta il cui contenuto è ben noto. Essi sostengono che la Monarchia à sorpassata dal tempi e non risponde più alle esigenze ed alle istanze dell'attuale società politica.

Ma credono di avvalorare siffatta proposizione con l'enunciazione di premesse che sono piuttosto petizioni di principio e che non sono, a loro volta, affatto dimostrate e documentate. Essi affermano che monarchia = reazione, e repubblica = progressismo; oppure: repubblica = democrazia e monarchia = non democrazia.

Ma si smarriscono quando, ad esempio, viene proposto il caso dell'Inghilterra, del Belgio, dell'Olanda, dei Paesi scandinavi: popoli tutti assai progrediti sotto il profilo, politico, economico e socia;le e retti notoriamente da solide ed indiscusse monarchie. Ed improvvisano, allora, strane e fragili teorie prive di qualsiasi consistenza logica.

La realtà è che sul terreno storico-politico - del quale abbiamo rilevato la fondamentale importanza - non regge la critica antimonarchica, negatrice «a priori».

La Storia ci insegna che non esistono, in astratto, istituti «sorpassati»; ma che l'attualità di ciascuna forma di governo va riferita, viceversa, alle condizioni storico -politiche di ciascun popolo.

La Monarchia, in Italia, trae le sue origini dalla tradizione, del nostro popolo; è legata indissolubilmente al Risorgimento ed all'unità della Patria; ha rappresentato l'unico pegno di unità spirituale e politica, come avvertirono repubblicani come Francesco Crispi e Benedetto Cairoli, Nelle ore supreme ha rappresentato la salvezza o la speranza di salvezza. Oggi dopo dieci anni -di regime repubblicano - si avverte con sempre maggiore evidenza il vuoto incolmabile che la scomparsa del Potere -mediatore, moderatore, unitario, ha lasciato nel Paese.

Tutte queste ragioni - ed altre ancora - testimoniano che l'istituto monarchico è attuale ed adeguato alla nostra società politica.

PARTE SPECIALE

Il Partito Nazionale Monarchico dal 1946 ad oggi

1) Origini del Partito Nazionale Monarchico

Il Partito Nazionale Monarchico nacque nel giugno 1946, all'indomani del referendum istituzionale, quando - in seguito ai nuovi orientamenti assunti dal Partito Democratico Italiano che fino ad allora aveva guidato la battaglia monarchica e che dopo qualche settimana si fondeva con il partito liberale - sembrava che non vi dovesse essere più posto, nello schieramento politico italiano, per una formazione politica dichiaratamente monarchica. Senza dubbio la costituzione del Partito Nazionale Monarchico rappresentò un atto di coraggio. Gli sviluppi successivi della politica italiana dimostrarono che quella decisione fu pure un atto politico lungimirante.

Segretario Generale del nuovo partito fu subito nominato l'on. Alfredo Covelli, giovane parlamentare avellinese che già aveva partecipato alla battaglia politica per il «referendum» e per la Costituente nelle file della Concentrazione Democratico-Liberale del Sen. Bergamini.

Pochi mesi dopo la sua costituzione il Partito Nazionale Monarchico ebbe il « battesimo del fuoco», in occasione delle elezioni amministrative di Napoli (autunno 1946). Tredici consiglieri eletti nelle liste di «Stella e Corona» - il contrassegno che poi doveva diventare tanto noto - rappresentavano il primo di una lunga catena di successi elettorali. Poco dopo l'elezione del monarchico Giuseppe Bonocore alla carica di Sindaco di Napoli coronava la prima vittoriosa battaglia del giovane partito.

Durante tutto il 1947 il Partito Nazionale Monarchico irrobustì la propria organizzazione, partecipò ad elezioni amministrative in vari Comuni, tra cui Roma, ottenne una netta affermazione alle elezioni regionali siciliane giugno 1947, conquistò dappertutto consensi e adesioni, muovendosi tuttavia in un'atmosfera di estrema difficoltà, caratterizzata dalla più ingenerosa ostilità degli avversasi, dalla «congiura del silenzio» da parte della stampa filo-governativa e di informazione e da parte della radio di Stato e dall'incomprensione di molti monarchici.

2) Attualità  del Partito Nazionale Monarchico

L'incomprensione di molti monarchici - alimentata da una continua e sottile propaganda avversaria in tal senso - è dovuta sopratutto al dubbio di alcuni, che si traduce nell'interrogativo che spesso ci sentiamo rivolgere e non sempre in malafede: «perchè voi monarchici avete preferito affidarvi ad un partito (che richiama, tra l'altro, i concetti di fazione e di divisione) e non ad un movimento apartitico? Come non avvertite che la battaglia partitica «immiserisce» la rivendicazione istituzionale, trascinandola nel gorgo di una competizione contingente e magari elettoralistica?».

La risposta a questo interrogativo scaturisce (limpida e immediata, anche se meditata e documentata) dalla realtà della vita politica italiana. Non è possibile - nell'attuale fase partitica della democrazia - impostare e condurre una battaglia che richieda un movimento di opinione pubblica, sfuggendo alla logica dei partiti ed alle loro leggi.

Il partito è quindi lo strumento di gran lunga più idoneo a condurre una coerente azione monarchica sul terreno dell'attualità politica (e perciò deve partecipare alla vita politica nazionale, in ogni suo aspetto). Mentre ad una associazione apartitica (l'Unione Monarchica Italiana) spetta operare per determinare il clima nel quale tale azione possa acquistare maggiore efficacia ed incisività.

La cronaca del movimento monarchico dal 1946 ad oggi sta a confermare queste asserzioni. Tale cronaca registra una serie interminabile di tentativi (per lo più dovuti alle ambizioni di pochi « generali senza esercito », abilmente sfruttate dagli avversari) di dar vita ad altri movimenti monarchici (ne furono contati qualche anno fa fino a ventisei) o ad altre formule. Ma tutti questi tentativi sono regolarmente falliti. Il Partito Nazionale Monarchico - sorto dalle stesse modeste origini di tanti altri movimenti - pur disponendo di modesti mezzi finanziari e lottando in mezzo ad ingenti difficoltà, si è viceversa affermato quale forza politica di prim'ordine e rappresenta tuttora - nonostante tutte le vane manovre per farlo scomparire - la formazione politica unitaria dei monarchici militanti.

Questa realtà - che nessuna dissertazione astratta può contraddire o cancellare - è dovuta all'esatta impostazione politica del Partito Nazionale Monarchico, attraverso la formula unitaria (« tutti i monarchici in un solo partito ») che garantisce la libertà di pensiero e di espressione a tutti gli aderenti al Partito (di diversa provenienza) coordinando la loro azione nel quadro di una comune politica.

3) Le vicende elettorali del P.N.M.

La partecipazione alle elezioni politiche del 1948 segnò un nuovo successo del Partito Nazionale Monarchico. Le liste di «Stella e Corona», ottennero 14 seggi, con quasi 800.000 voti, circa 100.000 in più di quelli riportati nel 1946 dal «Blocco Nazionale della Libertà», che raccoglieva allora tutte le forze monarchiche militanti. Mentre la lotta elettorale si polarizzava tra la Democrazia cristiana ed il blocco socialcomunista, il P.N.M. era il solo altro partito a mantenere, anzi a migliorare, le precedenti posizioni.

Le elezioni sarde del 1949 rappresentarono una tappa memorabile nella cronaca della battaglia monarchica. Il Partito Nazionale Monarchico, difatti, conquistava 66.000 voti, contro gli 8.000 delle «politiche» dell'anno precedente, alla fine di una serrata e brillante campagna elettorale che dava le prime avvisaglie di quella che sarebbe stata la futura azione del P.N.M.

Le elezioni amministrative del 1951 segnarono nuovi successi: il Partito Nazionale, Monarchico conquistava, la maggioranza in un capoluogo di provincia (Lecce), aumentava il numero dei propri deputati regionali in Sicilia ed entrava in quella Giunta Regionale, triplicava a Milano i voti del 1948.

L'anno successivo, nel Il turno -delle « amministrative », le liste monarchiche - apparentate, in seguito ad esigenze dettate dalla legge elettorale - con quelle del Movimento Sociale Italiano e di altri gruppi politici conquistavano la maggioranza nelle amministrazioni comunali di sei città (Napoli, Bari, Benevento, Avellino, Salerno, Foggia) e in molte decine di comuni minori e parecchi seggi in seno ai Consigli  Provinciali.

Una buona affermazione, infine, ottenevano in parecchie città tra cui Roma e Palermo.

La campagna elettorale politica del 1953 per l'elezione della Camera e del Senato, vide il Partito Nazionale Monarchico impegnato m una grossa battaglia e combattuto con ogni mezzo dai partiti della maggioranza governativa che contro di esso, più ancora che contro i socialcomunisti, rivolsero tutte le armi della loro copiosa propaganda. Ma le urne decretavano, il 7 giugno, un nuovo grande successo delle liste di « Stella e Corona », che ottenevano 40 Deputati e 16 Senatori, con oltre 1.800.000 voti. Il P.N.M. si affermava, così, come quarto partito italiano e come terza forza politica (dopo la democrazia cristiana ed il blocco socialcomunista).

Il successo del Partito Nazionale Monarchico - che è l'unico partito democratico formatosi al di fuori della matrice dei C.L.N. che abbia raggiunto una notevole consistenza politica - ha intensificato la campagna denigratoria (condotta con tutti i mezzi e sopra tutto attraverso la radio di Stato) e le manovre rivolte a tentare la disgregazione della formazione politica unitaria dei monarchici italiani.

Così il 2 giugno 1954 - al termine di una lunga serie di vicende che ciascuno di noi ricorda usciva dal Partito il gruppo napoletano facente capo all'armatore Achille Lauro (già Presidente del Consiglio Nazionale del P.N.M.) che dava vita al « partito monarchico popolare ». Ma la saldezza del Partito Nazionale Monarchico (subito rivelatasi attraverso l'imponente plebiscito di fiducia e di solidarietà) e l'inconsistenza ideologica e politica del nuovo movimento hanno riservato a questo ennesimo tentativo disgregatore lo stesso destino di quelli che lo avevano preceduto.

Anche le recenti elezioni amministrative del maggio scorso (nelle quali il Partito Nazionale Monarchico si è trovato a combattere una difficile battaglia contro la coalizione dei partiti repubblicani che, impegnando ingenti mezzi finanziari, non ha tralasciato alcun tentativo vedi ad esempio la speculazione sulla lettera privata di S. M. il Re ad un candidato liberale per mendicare voti monarchici, e contro l'aggressione dei secessionisti di Lauro) hanno confermato la sostanziale solidità delle posizioni del nostro Partito, che,tranne alcuni casi isolati dove come a Napoli hanno giocato fattori locali, ha mantenuto ed in qualche caso aumentato i suoi suffragi e che nel Nord l'Italia ha rafforzato notevolmente le sue rappresentanze nei Consigli comunali e provinciali.

Azione politico - parlamentare del P.N.M

Le linee fondamentali dell'azione politica del Partito sono state fissate dal I Congresso Nazionale (Roma, dicembre 1949) e dal II Congresso Nazionale (Milano 12-15 dicembre 1954) e sono contenute in una serie di documenti (mozioni congressuali) che riportiamo in appendice al presente « uaderno», insieme con le mozioni approvate dal Congresso Nazionale Giovanile, svoltosi nel novembre 1954 a Napoli, che ha impostato l'azione del Movimento Giovanile, sotto il profilo ideologico, politico, organizzativo.

L'azione svolta dal Partito Nazionale Monarchico nel Parlamento e nel Paese in questi dieci anni può riassumersi nella fedeltà al carattere mediatore e moderatore dell'Istituto monarchico.

Da ciò ha origine il carattere rigorosamente legalitario della battaglia monarchica. Il Partito Nazionale Monarchico - lungi dal cedere a tentazioni estremiste di ogni genere - si è proposto di partecipare attivamente alla vita politica nazionale ed all'impostazione dei più importanti problemi della vita politica, economica e sociale della Nazione.

Tale contributo - disinteressato ed ispirato costantemente all'interesse nazionale, anteposto a quello di partito - ha finito con il richiamare intorno al P.N.M. il consenso di vasti strati di elettorato e di molti italiani che non vogliono avventure di alcun genere e che avvertono la suggestività di quegli ideali di ordinato progresso, di libertà politica, di democrazia, di concordia nazionale - nella sia pur necessaria disparità delle correnti politiche - che costituiscono la migliore tradizione del Regno.

Nel Parlamento - del quale rivendica il prestigio e l'altissima funzione - e nel Paese il Partito Nazionale Monarchico è stato prevalentemente all'opposizione: opposizione nazionale, opposizione costituzionale. Non ha mai negato, tuttavia - profondamente sensibile in cloni circostanza agli interessi nazionali - il proprio apporto, e talora il proprio voto, alla Maggioranza ed a1 Governo quando ciò poteva significare rafforzare il Governo del proprio Paese in difficili situazioni internazionali o interne.

Così nel 1947 - quando De Gasperi estromise i socialcomunisti dal Governo - il Partito Nazionale Monarchico non esitò a concedere al Ministero quella fiducia che persino i socialdemocratici (appena separatisi dal PSI di Nenni) avevano negato. Fu merito allora anche dei pochi Deputati dell'ancor giovanissimo PNM (che combattevano allora una battaglia che sembrava disperata e in un clima che appariva poco propizio ad atti di serena valutazione politica) se l'esperimento che segnò l'allontanamento dell'estrema sinistra dal potere fu possibile.

Nel 1948 il Gruppo Parlamentare del Partito Nazionale Monarchico votò gli accordi internazionali che davano vita al Patto Atlantico e ribadì la sua posizione di fedeltà alla comunità occidentale.

Nel giugno 1950 il Gruppo Parlamentare del Partito Nazionale Monarchico presentava alla Camera una mozione sul problema di Trieste e del Territorio libero, invitando il Governo: a) ad astenersi da trattative dirette con Belgrado; b) a rivolgersi all'ONU affinché - accertate le iniquità jugoslave nella zona B venisse tolto a Tito il mandato su tale territorio; c) a chiedere agli Alleati occidentali l'esecuzione della Dichiarazione Tripartita del 2,0 marzo 1948 (che prometteva l'integrale restituzione all'Italia del Territorio Libero) riservandosi, in caso contrario, di denunciare il trattato di pace.

Era una proposta conforme all'ortodossia diplomatica e senza dubbio abile. Lo stesso Ministro degli Esteri, Sforza, la giudicò interessante. Tuttavia la maggioranza della Camera non approvò la mozione.

Nel marzo 1951 il Gruppo Monarchico fu protagonista di una nuova, clamorosa, vicenda parlamentare, originata da un ordine del giorno - presentato dai Deputati del PNM - che suonava sfiducia nel Ministero della Difesa, Randolfo Pacciardi. Sull'o.d.g. monarchico si sarebbe forse raggiunta una maggioranza, che avrebbe messo in crisi il Governo. Si era alla vigilia di una difficile missione diplomatica del Presidente del Consiglio e del Ministro degli Esteri a Londra. L'on. De Gasperi fece presenti le difficoltà internazionali del momento e fece appello al patriottismo dei monarchici. Rispose l'on. Covelli: «La buona fede e il patriottismo dei monarchici non possono essere messi in dubbio e l'on. Presidente del Consiglio lo ha or ora riconosciuto. Questo orgoglio non ci è nuovo: non vi è mai stata occasione nella quale il Governo della Repubblica abbia voluto mostrare tra gli Italiani unità di intenti nella difesa della civiltà, dell'integrità nazionale e, nella quale esso non abbia dovuto appellarsi a quelle tradizioni del nostro Paese delle quali noi monarchici siamo partecipi e siano testimoni responsabili per lo meno quanto lo siete voi ».

Avvertendo che i monarchici si riservavano di risollevare la questione a suo tempo, l'on. Covelli - tra i vivissimi applausi del Centro e della Destra - ritirava l'o.d.g.

Nel 1953 lineare e coraggiosa fu l'opposizione dei monarchici alla nuova legge elettorale politica maggioritaria.

Nella nuova Camera, eletta il 7 giugno 1953, il gruppo monarchico tornava moltiplicato e con nuove imponenti responsabilità mentre anche al Senato entravano 16 Senatori eletti nelle liste di « Stella e Corona »

Tutti ricordano - e non è quindi necessario - dilungarsi su questo tema - l'atteggiamento dei Parlamentari del Partito Nazionale Monarchico nei più salienti episodi della vita parlamentare in questi ultimi anni: dal voto contrario all'VIII Governo De Gasperi, al disinteressato e determinante appoggio dato al Governo,dell'on, Pella, al voto contrario al Governo monocolore Fanfani, alla netta e coerente opposizione al nuovo quadripartito che ha sorretto i Ministeri Scelba e Segni.

Ma, sia quando ha appoggiato l'esperimento Pella, che quando si è schierato apertamente all'opposizione, il P.N.M. ha proseguito in Parlamento la propria critica costruttiva e non si è mai sottratto alle responsabilità comuni a tutti i partiti democratici e nazionali. Particolare significato ha assunto - anche in campo internazionale - il voto favorevole agli accordi di Parigi, istitutivi dell'Unione Europea Occidentale.

Imponente è stata, ed è, anche la partecipazione dei parlamentari monarchici alla discussione dei bilanci (che investe la politica generale dei singoli Dicasteri) ed al quotidiano lavoro legislativo del Senato e della Camera.

Il Partito Nazionale Monarchico ha avvertito ed avverte «l'esigenza di una politica di più ampio respiro sul piano interno e internazionale, in campo economico e sociale, quale soltanto un regime intimamente « forte » - di quella forza, beninteso, che non si affida alle baionette né alla vigilanza della polizia politica, ma che trae li suo prestigio dalla libertà può condurre.

Politica di rinnovamento nazionale, quindi, che dovrà trovare nei monarchici italiani, eredi dell'esperienza unitaria risorgimentale, i più qualificati assertori. Politica di rinnovamento nazionale che molto attende dall'orientamento delle nuove generazioni, che hanno un peso via via più sensibile nel determinare l'indirizzo politico del Paese. Alla gioventù monarchica, pertanto, il compito e la responsabilità di innalzare questa bandiera, di porsi all'avanguardia della gioventù italiana in nome delle !stanze di rinnovamento nazionale che sono istanze, come si è visto, istituzionali, costituzionali, politiche, economiche, sociali » .

« Il Partito Nazionale Monarchico rappresenta un'intatta riserva di energie al servizio del Paese e può e deve -trovare in se stesso nel suo patrimonio ideale nella consapevolezza del suo passato, nella visione del suo avvenire - la forza per assumere tutte le proprie responsabilità, sollecitando la creazione di una vasta solidarietà democratica capace di attuare la politica che il Paese attende. Molto dipenderà dal coraggio, dallo spirito di iniziativa, dalla consapevolezza, dal senso di responsabilità che le forze di derivazione risorgimentale sapranno dimostrare per ovviare il processo di ricostruzione morale e materiale della Nazione ».

 
A P P E N D I C E



Mozione unificata, approvata dal 11 Congresso del P.N.M.

Il 1 Congresso Nazionale dei P. N. M., udita ed approvata la relazione del Segretario Generale del Partito.

RIAFFERMA

La protesta solenne che i monarchici italiani - in quanto cittadini e democratici - elevano contro il Referendum del 2 giugno 1946, e l'istanza fondamentale del ritorno all'istituto monarchico, essenziale per la tradizione italiana del Risorgimento, per la garanzia dell'equilibrio dei poteri dello Stato, per quello della libertà dei cittadini, e per la pacificazione morale della Nazione, e pertanto afferma che il problema istituzionale è basilare per ragioni storiche, morali, costituzionali e politiche che si connettono alle stesse possibilità della vita, dell'unità e dell'indipendenza del Paese.

E DICHIARA PER LA LINEA POLITICA DEL PARTITO:

1) nella politica interna: la necessità di riaffermare l'autorità dello Stato ed il suo dovere di tutelare le libertà in un regime di diritto nel quale organi statuali e cittadini soggiacciano tutti del pari all'imperio della legge democraticamente stabilita, e garantita da una magistratura indipendente da ogni altro potere dello Stato; riconoscendo la particolare importanza che ha da tute-la delle libertà delle minoranze, le quali soprattutto dalla libertà possono essere vincolate all'osservanza delle leggi nella fiducia dell'avvicendamento democratico;

2) nella politica estera: la necessità di una condotta politica fermamente indirizzata verso la revisione del trattato di pace nell'intento di tutelare senza rinunzie ogni diritto italiano, nell'assoluta parità di dign-ità, di diritti e di doveri di tutte le potenze unite nell'alleanza atlantica per la difesa comune della civiltà cristiana ed occidentale; e di una particola,re condotta politica intesa a garantire la espansione e tutelare le condizioni onorevoli del lavoro italiano all'estero;

3) nella politica economica: la necessità di un indirizzo che affidi la ricostruzione del Paese alle forze sane dell'iniziativa privata, liberandone l'azione dalle pastoie di un dirigismo che moltiplica il costo della ricostruzione stessa e ne scoraggia gli sviluppi; e -di una riforma tributaria che non sia vessatoria e quindi dannosa all'economia nazionale;

4) nella politica sociale; la necessità della più alta valutazione dei diritti morali e materiali di -chiunque lavori, fondando la collaborazione tra le classi in un libero ordinamento sindacale democraticamente e costituzionalmente articolato; il quale liberi le organizzazioni sindacali dall'attuale loro soggezione ai partiti politici;

5) nella politica religiosa: la piena riaffermazione delle condizioni cattoliche del popolo italiano, nell'affermazione che Fede ed Unità religiosa sono beni troppo alti perchè possano servire a combinazioni politiche;

6) nell'ordine morale della vita nazionale: la esigenza di una pacificazione, reale e totale che - nella dimenticanza di ogni odio trascorso, e nell'abrogazione per tutti di tutte le leggi eccezionali e di ogni loro ,conseguenza penale ed amministrativa, nonché nella resistenza ad ogni nuova suggestione di leggi eccezionali per chiunque - riconduca tra tutti gli Italiani che amano soprattutto la Patria la piena possibilità di operare insieme per la rinascita dell'Italia.

Mozione approvata dal Congresso Nazionale Giovanile

Il II Congresso Nazionale del Movimento Giovanile del P. N. M., riunito a Napoli il 27-28-29 novembre 1954, constatato che dall'esame della situazione politica italiana appare necessario iniziare un coraggioso processo di chiarificazione al fine di determinare le altrui e le proprie responsabilità storiche, richiama l'attenzione di tutti i cittadini ai loro doveri di partecipazione totale alla vita dello Stato.

Indica nel P. N. M., efficiente nel suo apparato e nei suoi quadri lo strumento politico più idoneo ad intraprendere quell'azione che il tempo storico richiede; manifesta la necessità di intraprendere un'azione diretta a spezzare ogni falso monopolio di democrazia, progresso e socialità, ed a riformare un malcostume che è morale e politico.

Addita alla Nazione le responsabilità di questa crisi che non è di società, ma di metodo e di istituti e che ricade sui partiti dell'attuale inorganica coalizione governativo -repubblicana;

ritiene che una progressiva azione destinata ad accogliere e risolvere il desiderio di giustizia sociale del popolo, debba, essere accompagnata da un'opera di educazione politica e di ricupero alla, democrazia delle masse e nel contempo debba: dimostrare la propria intransigenza politica nei confronti di quelle formazioni antinazionali e comuniste che speculano sulle necessità degli umili;

auspica un inserimento effettivo della Nazione italiana nella vita internazionale, in considerazione non solo della sua consistenza economica ma anche della sua capacità di contribuire alla difesa del mondo e del valore della civiltà occidentale;

afferma la necessità della integrazione dei naturali confini nazionali determinati per diritto storico e determinanti per l'unità morale e spirituale della Nazione.

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