NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 27 febbraio 2012

Una lettera di Vittorio Emanuele II a Cavour



Signor Conte,

Nell'istessa maniera che Lei mi scrive con franchezza, con franchezza le risponderò. Sappia che [la] sua lettera mi dispiacque. Sappia che è ridicolo fare progetti e teorie da Torino, mentre che noi che siamo sul posto ci caviamo la pelle per fare il nostro dovere. Alla guerra non vi è mai niente di certo sopra  i progetti che si fa: talvolta si cambia a mezzogiorno quel che si combina a mattina, secondo le mosse del nemico, talvolta quel che pare il più certo è quello che lo è meno.

I miei progetti sono sempre sottoposti a quelle teorie e sempre furono e sono d'accordo con le idee del Maresciallo Canrobert e generale Niel. Anche la mossa sopra Novi che Lei, con parole che Ella avrebbe potuto sparmiare, critica tanto, fu combinata col generale Canrobert, che venne sul posto. Ed essa sarebbe riuscita utilissima se si fosse realizzato ciò che si credeva imminente, e che se non accadde fu per pura bestialità dei Tedeschi.

Riguardo poi alle osservazioni che Lei mi fa sopra il nuovo movimento, capisce bene che non posso scriverle un libro tutte le volte che Le scrivo, avevo già fatte tutte le ipotesi e giusto per ciò che l'idea principale del gran salvamento di Torino spaventato, era più sua che mia; avevo già dato l'ordine alle mie divisioni di soffermarsi sulla posizione di Ponte Stura da dove le avrei fatte muovere secondo la necessità temendo io stesso che il nemico si sarebbe ritirato al loro primo comparire. Dunque vede che non siamo tanto bestia.


Il Suo affezionatissimo                                                              Vittorio Emanuele  

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