NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 22 giugno 2013

IL RUOLO DELLA MONARCHIA E L’AZIONE DEI MONARCHICI DOPO IL REFERENDUM

Recensione al libro: "I monarchici e la politica estera italiana nel secondo dopoguerra",
del Nostro Amico, benemerito per i suoi preziosi consigli e collaborazione, 
Ing Domenico Giglio.

Il diplomatico Raffaele Guariglia,
esponente del PNM
Dopo  silenzi  ultra decennali  qualcosa  si  sta  muovendo  nella  pubblicistica, relativamente  alla  Monarchia  Sabauda  nella  storia  dell’Italia  unita  ed  ai  monarchici  dopo  il  referendum  del  1946. Nel  giro  di  qualche  mese  dall'uscita  del  fondamentale  testo  di  Domenico  Fisichella, ”Dal  Risorgimento  al  fascismo”, (editore  Carocci), ricco  di  dati  statistici  e  di  analisi  storico-politiche  sul  ruolo  della  Monarchia  nello  sviluppo  e  nel  progresso  dell’Italia, insieme  con  il  giudizio  durissimo  sulle  responsabilità  del  partito  popolare  e   di  quello  socialista  nell'avvento  al  potere  del  fascismo, tema  sul  quale, più  recentemente, ha  portato  un  ulteriore  contributo  di  documenti  inoppugnabili, oltre  ad  un  commento  rigoroso  delle  vicende  dei  governi  Facta  nel  1922,  Aldo  Mola, con  il  suo  “Mussolini  a  pieni  voti”, (edizioni  del  capricorno), si  sono  aggiunti  contributi  più  specifici  sul  ruolo  dei  monarchici  dopo  il  referendum  del  1946, dal  libro  di  Fabio  Torriero  su  “Alfredo  Covelli – la  mia  destra” (i  libri  del  Borghese), arricchito  da  interventi  e  ricordi  di  qualificati  esponenti  monarchici, ancora  oggi  presenti  ed  attivi, da  uno  studio  sul  movimento  monarchico  in  Sicilia  ed  infine, recentissimo, “I  monarchici  e  la  politica  estera  italiana  nel  secondo  dopoguerra”, di  Luciano  Monzali  ed  Andrea  Ungari, (editore  Rubbettino), libro diviso  in  due  parti, la  prima  aderente  al titolo, di  Ungari, la  seconda  invece  specifica  sulla  figura  di  Raffaele  Guariglia, diplomatico, ambasciatore, ministro  degli  Esteri, nel  Governo  Badoglio, ed  infine  senatore  del  Partito  Nazionale  Monarchico  e  successivamente  Presidente  dell’Unione  Monarchica  Italiana.
Dal  nostro  punto  di  vista  la  prima  parte  di  Ungari, già  autore  de  “In  nome  del  RE - i  monarchici  italiani  dal  1943  al  1948 - “(edizioni  Le  lettere – anno  2004), affrontando  lo  studio  dell’azione  del  P.N.M., basandosi  principalmente  sul  periodico  “Italia   Monarchica”, e  su  articoli  di giornali  ideologicamente  vicini fra  i  quali  “Governo”, diretto  da  Cantalupo, e  di  cui  ricordo  la modestissima  sede  in  Via  del  Piè  di  marmo, il  tutto  con  ricchezza  di  citazioni  di  documenti  politici  e  partitici, e di  interventi  parlamentari, riveste  quel  necessario  carattere  di  documentazione  e  di  memoria, di  cui  oggi  vi  è  particolarmente  bisogno  per  rinforzare  le  convinzioni  degli  attuali  monarchici, che  lo  sono  diventati  quasi  per  germinazione  spontanea  non  avendo  conosciuto ,per  motivi  anagrafici  questi    loro  predecessori  ed  il  loro  operato, positivo  o  negativo  che  fosse.
Ungari  ad  esempio  sottolinea  il  significato  che  ebbe  l’ingresso  nel  P.N.M.  di  un  gruppo  qualificato  di  ambasciatori, da  Roberto  Cantalupo, a  Guido  Rocco, (questi  due ricordo  facevano  parte  della  Giunta  Esecutiva  del  Partito  fino  al  1958 ), ad  Emanuele  Grazzi, ad  Armando  Koch, a  Raffaele  Guariglia, il  tutto  pare  per  sollecitazione  del  Re  Umberto, che  Re  di  tutti  gli  italiani, non  poteva  non  guardare  con  particolare  interesse  e  simpatia, e  lo  provano  anche  alcuni  Suoi  iniziali  messaggi, a  questa  giovane  formazione  politica, il  P.N.M., dove  mancava  una  vera  classe  dirigente, che, appunto, poteva  essere  costituita  da  diplomatici, ricchi  di  personali  esperienze  nei  più  diversi  paesi  del  mondo, e dotati  di  una  cultura  storico -politica  di  elevato  livello, che  era  stato  il  vanto  della  nostra  scuola  diplomatica  durante  tutto  il  Regno. 
Sui  principali  ed  in  molti  casi  dolorosi  argomenti  che  si  susseguirono  dal  1946  al  1954, periodo  preso  in  esame in  quanto, come  dice  giustamente  Ungari, dopo  la  scissione  laurina  del  2  giugno  1954: “…da  quel  momento  il  monarchismo  come  partito  politico  organizzato  scivolò  progressivamente  verso  l’irrilevanza  politica…”; la  posizione  parlamentare  dei  monarchici  fu  da  un  lato  coerente  con  la  loro  ispirazione  nazionale, solo  in  alcuni,moderatamente  nazionalista, vedi  il  problema  della  ratifica  del  Trattato  di  Pace, di  Trieste  e  dei  confini  con  la Jugoslavia, e delle  Colonie  dell’Africa, e  dall'altra  aperta, concreta, moderna  e  lungimirante  come  per   l’adesione  al  Patto  Atlantico  e  per  gli  inizi  della  costruzione  europea, anche  se  sempre  sensibile,  propositiva  e  di  stimolo  nei  confronti  del  Governo, nel  riaffermare  la  posizione  storica  e  geopolitica  dell’Italia,ricollegandosi  in  questo più  all'Italia  liberale, e    sempre  con  ricchezza  di  argomenti, grazie  alla  preparazione  specifica  dei  suoi  esponenti, riconosciuta ed  in  diversi  casi  apprezzata anche  dai  nostri  avversari. Del  resto  se  vediamo  il  nome  dei  parlamentari  del  P.N.M., eletti  il  7  giugno  1953, tra  militari, giuristi, scienziati  e  tecnici  possiamo  affermare  che  i  monarchici  avrebbero  potuto  ricoprire  incarichi  in  tutti  i  ministeri  di  un  eventuale  Governo!
Da  questa  analisi  serena, ricca  anche  di  nominativi  di  altri  esponenti  del  movimento  monarchico, quale  ad  esempio  il  colonnello  Enzo  Avallone, esperto  di  problemi  militari, dobbiamo  trarre  il  convincimento  che  non  siamo  stati  né  figli  di  un  dio  minore  né  i  parenti  poveri  della  politica  italiana, almeno  sicuramente  fino  al  1954  ed  ancora  fino  al  1958.



Domenico  Giglio

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