NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

giovedì 29 agosto 2013

Torniamo alla monarchia. Nessuna istituzione gode del riconoscimento dei cittadini.

di Pierluigi Melis dal blog   http://ioamolitalia.it/

Solo con un nuovo Regno d’Italia ci libereremo della globalizzazione, dell’euro e del multiculturalismo

Lo confesso, sono per la monarchia. O, meglio, lo sono diventato. La mia non è stata una conversione improvvisa, una folgorazione sulla via di Damasco, ma un convincimento maturato nel corso degli ultimi dieci anni quando alla mia istintività, col passare delle stagioni, ha preso il sopravvento l’osservazione critica. Eppure ho sempre visto nella forma repubblicana il massimo sia della democrazia che della meritocrazia, in un ambito nel quale le opportunità erano (e sono) praticamente le stesse per tutti i cittadini, indipendentemente dal censo: il presidente della repubblica, come istituzione, rappresentava per me la sintesi e l’apice della forma di stato liberale e meritocratico.
Può darsi che fossi condizionato da anni di retorica scolastica (che non mi permetto di disapprovare poiché la ritengo – nella giusta dose – necessaria e benefica) che alla moderna repubblica contrapponeva la meno egualitaria ed obsoleta monarchia; oltretutto, quella italiana, aveva tante colpe da farsi perdonare, in particolare per il comportamento non certo esemplare di Vittorio Emanuele terzo.

Può darsi che lo fossi anche dalla signorilità, dall'imparzialità e dal senso dello stato di tanti presidenti italiani da Einaudi a Cossiga, passando per Leone (sì, proprio Leone, che per grande responsabilità si dimise nonostante fosse infangato da devastanti accuse rivelatesi completamente infondate qualche decennio più tardi, ma quando solo il danno della reputazione poteva essere riparato), o dall'esempio dei presidenti americani del ventesimo secolo (Clinton escluso), che interpretavano il loro ruolo, nelle parole e nei fatti, nell'esclusivo interesse del popolo americano.
Archiviata del tutto la guerra fredda a metà anni novanta, qualcosa è cambiato, in Italia come altrove.
A Cossiga è succeduto Scalfaro, la cui faziosità è riconosciuta anche da coloro che ne hanno beneficiato, Ciampi è stato un grigio notaio che nulla ha fatto per rasserenare il clima politico italiano, Napolitano non riesce – e mai vi riuscirà – a liberarsi dall'imprinting sovietico cristallizzatosi lungo svariati decenni di militanza partitica ed intellettuale nel marxismo.
All'estero, poi, le cose non vanno certo meglio: per Clinton, Bush junior ed Obama in USA, Chirac, Sarkozy e Holland in Francia, Putin in Russia, Chavez e gli altri presidenti del sud America, il giudizio della Storia non sarà certo lusinghiero.

Certo, è vero che economicamente taluni regni come la Gran Bretagna, la Spagna, il Giappone, il Belgio (che rimane unito nonostante vi convivano due popoli che non si sono fusi neppure dopo diversi secoli), non se la passano granché bene. Però, quelle nazioni sono orgogliose delle loro istituzioni monarchiche, e mai si sognerebbero di sostituirle con quelle repubblicane; se poi ci trasferiamo nella sponda sud del Mediterraneo, sarà un caso ma solo Giordania e Marocco sono uscite quasi indenni dalle rivolte arabe del 2011.
Per fortuna non tutte le case regnanti fuggirono a Brindisi. Durante la seconda guerra mondiale, la regina di un’Olanda occupata andava a fare la spesa in bicicletta, mentre i suoi dirimpettai belgi non erano da meno. La regina madre nella Londra bombardata (e con Buckingam Palace colpito) si rifiutò di lasciare la città dicendo : "Coi miei sudditi voglio condividere tutto...". E, in tempi più recenti, Juan Carlos di Borbone: è stato lui a restaurare l'ordine costituzionale in Spagna (Franco gli aveva lasciato pieni poteri e carta bianca!) ed a difenderlo poi opponendosi ad un tentativo di colpo di stato militare, rischiando di finire come suo cognato Costantino di Grecia, che per avere tentato di contrastare il colpo di stato dei "colonnelli" fu deposto, e da allora vive con penuria di mezzi fuori dalla Grecia, anche se questa è poi tornata in "democrazia".
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