NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 29 gennaio 2014

I Savoia e l'Unità d'Italia

Questo articolo è del 2003. Lo pubblichiamo nelle sue due parti in quanto riteniamo che sia un'ottima agevole sintesi da poter consultare molto velocemente.
I nostri ringraziamenti all'Ingegnere Giglio!

di Domenico Giglio

Prima parte

L’11 luglio 2002 con la prescritta quarta votazione risultata positiva a larghissima maggioranza il Parlamento ha fatto cessare gli effetti dei primi due commi della XIII disposizione "transitoria e finale" della Costituzione, commi che vietavano l'ingresso nel territorio nazionale al re ed ai suoi discendenti maschi. Dopo la morte di Umberto Il nel 1983 l'esilio era rimasto valido per il Principe di Napoli Vittorio Emanuele nato nel 1937 e partito per il Portogallo nel 1946 e per suo figlio il Principe di Venezia, Emanuele Filiberto.

Ci si augurava che questo gesto riparatore, l'abolizione cioè della medievale pena dell'esilio, significasse pacificazione nel riconoscimento dei meriti storici di Casa Savoia conseguiti con la realizzazione dell'unità della nostra Patria, invece da parte di una minoranza fortunatamente esigua di parlamentari, di giornalisti e di storici di regime, anche se verbosi e demagogici, è stata l'occasione per un rigurgito di accuse, di valutazioni faziose ed unilaterali nei confronti della Dinastia. Sarebbe lungo ed inutilmente polemico confutare affermazioni come, la peggiore dinastia" o "Vittorio Emanuele III condannato dalla storia", va invece ricordata la storia di questa famiglia che da Carlo Alberto in poi è stata intimamente e strettamente legata a quella del Risorgimento e dell'unificazione.

Naturalmente la sintesi sarà veloce, ma servirà a far conoscere date e fatti che molti ormai ignorano obnubilati da una propaganda non sempre serena, o da mancanza di informazione storica.
Carlo Alberto di Savoia Carignano, ramo questo cadetto, viene proclamato re nel 183 per la mancanza di eredi diretti in linea maschile.
Carlo Felice, suo predecessore è stato il restauratore dell'Abbazia di Altacomba ove oggi riposano gli ultimi sovrani Umberto Il e Maria José. Carlo Alberto, nonostante i profondi dubbi e le molte incertezze che lo affliggevano concesse l'8 febbraio 1848 la carta costituzionale che prese il nome di Statuto e dopo l'insurrezione del popolo milanese contro gli Austriaci mise con determinazione la sua vita e quella dei suoi figli, i suoi tesori ed il suo esercito ai servizio della causa dell'unità e dell'indipendenza dell'Italia. E quando il 23 marzo 1848 varcò il Ticino per la prima guerra d'indipendenza "per meglio dimostrare con segni esteriori il sentimento dell'unione italiana" volle che l'esercito, allora ancora sardo, portasse lo "scudo di Savoia sovrapposto al tricolore italiano". Data da allora l'insegna tricolore, bandiera a bande verticali rossa, bianca e verde, che è tuttora il vessillo d'Italia. Purtroppo la guerra finì con la sconfitta di Novara e Carlo Alberto, che aveva invano cercato la morte in battaglia abdicò ed andò esule in Portogallo ad Oporto dove nello stesso anno morì. Vittorio Emanuele II, salito al trono in quella triste circostanza non rinnegò né lo Statuto né il tricolore e con l'intelligente collaborazione prima di Massimo D'Azeglio e poi di Camillo Cavour fece del Piemonte il punto di riferimento cui si rivolgevano i patrioti di tutta Italia con in testa lo stesso Giuseppe Garibaldi nella speranza di un rapido riscatto dalla dominazione straniera.
Il sovrano sacrificando la Savoia, regione originaria della sua Casa e dando in sposa la figlia Clotilde al principe Gerolamo Napoleone riuscì a realizzare quell'alleanza con Napoleone III che consentì la rivincita sull'impero austriaco con la vittoriosa seconda guerra d'indipendenza, che lo vide anche fisicamente sempre in prima fila, alla quale seguì in un crescendo vertiginoso di tempo l'unificazione della penisola ad esclusione solo del Veneto e del Lazio.
Fondamentale fu l'apporto di Giuseppe Garibaldi che collaborò fattivamente a tutte le azioni militari e che portò il 27 marzo 1861 alla proclamazione del regno d'Italia.
Nel 1866 con la conquista del Veneto e nel 1870 con la presa di Roma si è completata l'unità geografica della nazione, unità cui mancavano solo Trento e Trieste.
Vittorio Emanuele Il rappresentò in quegli anni il simbolo dell'unità nazionale anche se fu costretto al necessario anche se doloroso trasferimento della capitale del Regno dalla sabauda Torino a Firenze prima ed infine a Roma.
Sovrano costituzionale, rispettoso della volontà del Parlamento, come lo furono rigidamente tutti i suoi successori, assisté nel 1876 al trapasso parlamentare alla Sinistra di Depretis e di Cairoli dalla "Destra storica" altamente benemerita par la creazione dello Stato come pure per l'integrità morale e per l'elevato livello culturale dei suoi esponenti.
Unico dei Re Savoia Carignano a morire in patria e nel suo letto, attorniato dai familiari e dalle alte cariche del Regno, Vittorio Emanuele Il terminava la sua giornata terrena il 9 gennaio 1878.

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