NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 9 febbraio 2014

IL DONO DEI FUORUSCITI ISTRIANI LA CONSEGNA DEL VELIVOLO «NAZARIO SAURO» ALLA SQUADRIGLIA SERENISSIMA

Tra i velivoli che compirono il "Volo su Vienna" ve ne era uno offerto dai "fuorusciti" istriani intitolato alla memoria del Comandante della Regia Marina impiccato dagli austriaci.
Con questo discorso il Comandante D'Annunzio accettò il dono. 
Nel ricordo del 10 Febbraio.


La proposta dei fuorusciti è bella ed animosa   e viene in un'ora opportuna.
Dal 15 marzo io comando la prima squadriglia navale «S.A.» da me costituita, che si propone il più severo dei compiti. Questa squadriglia tutta fatta di ardire e di ardore, ha il suo campo sul Lido adriaco. Ogni sua azione potrà certo essere considerata come una vendicazione del capitano Sauro. Perciò io e i miei ufficiali saremmo fieri se l'apparecchio fosse offerto dai fuorusciti alla squadriglia «S. A. » che ha un motto composto sulle sue iniziali tecniche: «sufficit animus». Parto ora per andare a ricevere due velivoli attrezzati per la mia guerra. E giuro che l’ala dei fuorusciti io la condurrò ove si va per non ritornare.
(Intervista a un giornale)

Le vostre parole, la voce dei capi, la voce dell'amico fedele, la voce del fuoruscito onorando mi bruciano il cuore, mi arroventano l'anima.
Col ferro, con la fiamma, col maglio il fabbro potente foggia subito un'arma o un arnese a gran colpi. Qui l'incudine non c'è, ci siamo noi: un pugno di volontarii a terra smarriti, palpitanti. Le vostre parole non domandano altre parole: domandano l'atto di vendicazione piena, il «volo trionfale», come assegna il fuoruscito, la meta raggiunta o percorsa, il limite della gloria superato, il sacrificio convertito in baleno immenso.

Ma partiamo dunque! Carichiamo le nostre carlinghe! Approntiamo le nostre mitragliatrici! Mettiamo in moto le nostre eliche! Grida la nostra ansia, grida l'ansia di questi nostri giovani combattenti, che hanno tutti il petto attraversato dall'azzurro della prodezza.

Ho i loro cuori nella mia mano; battono e soffrono, ardono e balzano. Ecco la loro passione, ecco la nostra passione, donatori. Eguaglia la vostra. Per questo siamo forse degni del dono. Ma è un dono tremendo.
Chi, chi mi voleva dare una corona? Chi mi voleva dare una spada? Una corona di metallo? Una spada senza taglio? Ci sono premi che pesano, ci sono premi inermi come fardelli. Ci sono ricompense che cadono sopra un uomo come la pietra sepolcrale. Dio me ne guardi, Dio ve ne guardi, fratelli!
Ma voi mi date un premio terribilmente vivo, o uomini dell'altra sponda. Voi ci fate un'offerta di morte: di quella morte che oggi è forza più viva della vita. Voi non ci date una macchina alata, una struttura esatta di legno, di tela e di acciaio, con tre cuori pulsanti: questa che vediamo, questa che conosciamo, questa che ha la sua robustezza e la sua fragilità, questa che avrà il suo rombo e la sua rotta, voi ci donate un dono divino, di quelli che l'uomo spera e paventa, di quelli che fanno esultare e tremare l'uomo.
A noi mortali voi date un compagno immortale.
Chi potrà più dormire? Mi sembra che non potremo più dormire se la stanchezza non ci schiacci. Egli ci sveglierà nella notte. Egli sarà il nostro demone marino che soffierà nella nostra anima e nella nostra ala. Egli sarà la nostra fortuna. lo non l'ho mai veduto, io non l'ho mai conosciuto. Più d'una volta lo cercai e non lo trovai. So che anch'egli mi cercò e non mi trovò. lo l'amavo e lo credo che Egli mi amasse. Conoscevo la figura del suo eroismo e non quella della sua umanità.

Era destinato che io lo conoscessi di spirito e che in spirito Egli vivesse meco, Egli vivesse con noi come oggi vive. Ieri uno dei suoi familiari mi rappresentava la persona gagliarda, e traversa, la larga faccia abbronzata, le gambe ercoline. E per un momento lo vidi in carne quale era, su questa via di cemento, di dove spicchiamo il volo, barcollare come sopra il ponte di una torpediniera in travaglio. Consigliava taluno di porre sulle carlinghe la sua effigie. Non voglio, non vogliamo. E' un nome, e uno spirito, è un segno, è un comandamento, è una fiamma, è un capitano; là nella fossa triste la sua figura carnale è cancellata, ma qui Egli ha il viso misterioso della giovinezza eterna, ma per noi ha uno tra i più bei volti dell'aria, del mare e dell'amore: è marino, è aereo, è fervente come la sua Istria, come l'Istria nostra quando ci appare dall'alto tra ala e ala. E' la santità dell'Istria, è la purità, la bontà, la fedeltà della sua terra dolorosa.

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