NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 11 aprile 2014

L'autobus passa: prendiamolo in corsa!


Nel   2010 , alla  vigilia  del  centocinquantesimo  anniversario  della  proclamazione  del  Regno  d’ Italia,anniversario  che  veniva  “pudicamente”  definito  della  “Unità”, i  monarchici  avrebbero  dovuto  approfittare  di  questa  ricorrenza  per  riaffacciarsi  alla  ribalta  rilanciando  i  motivi  ispiratori  del  Risorgimento , le  realizzazioni  del  nuovo  Regno , oggetto  di  una  campagna   astiosa , faziosa   e  negatrice  di  questi  eventi , da   parte  di  nostalgici  degli  Stati  “assolutisti “, preunitari, tra  i  quali  in  prima  linea  i  neoborbonici.

Dobbiamo  dire  che  l’attuale  Stato  repubblicano  una  sua  parte  positiva  la  fece: l’on. Napolitano  si  recò  al  Pantheon  a  rendere  omaggio  alla  tomba  di  Vittorio Emanuele  II  “Padre  della  Patria“,  nei  suoi   discorsi  e  messaggi   ebbe  parole  serene  e  positive  per   la  nascita  del  Regno;  a  Torino  fu  aperta   una eccezionale  mostra  dedicata  a  “ Vittorio  Emanuele  II - Il  Re  Galantuomo“, con  un  volume  di  straordinario  interesse (Editrice  Fabbrica  delle  Idee ), in  quanto  i  diversi  autori, nessuno  dei  quali  monarchico, studiando  ed  esaminando  dai  più  vari  punti  di  vista  la  figura   e  l’opera  del  Re, convenivano  tutti  in  una  valutazione  positiva  dello  stesso, poi   le  varie  mostre  dedicate  a  Margherita, prima  Regina   d’Italia, definita  “icona  dell’  Italia  Unita”, una  mostra   a  Roma,  su  “La  Macchina  dello  Stato“ , con  volume  edito  da  “Electa“, che  documentava  l’ enorme  sforzo  della  unificazione  in  tutti  i  campi  dell’ attività  statuale, effettuato, pur  tra  difficoltà  economiche  e  finanziarie  notevoli, dal  nuovo  Stato  unitario, e così  pure  altre  mostre  sparse  per  tutta  l’ Italia.

E  i  monarchici  mentre  passava  l’ autobus  del  centocinquantenario? Qualche  celebrazione  episodica  e  sporadica, qualche  articolo , qualche  lettera  ai  giornali, una  serie  di  conferenze  però  limitate  a  Roma, anche  se  poi  successivamente  e  fortunatamente  raccolte  in  un  volume  e   poI... Anche  la  richiesta  di  ripristino, ampiamente  motivata, dei  nomi  sabaudi  a  cominciare  da  Vittorio  Emanuele  II, nelle  città  che  li  avevano  cancellati  ed  in  quelle  che  non  li  avevano  avuti, era  una  occasione  unica, irripetibile,  purtroppo   mancata, per  far  conoscere  l’ azione  decisiva  della  Monarchia  e  di  Vittorio  Emanuele, per  il  raggiungimento  dell’Unità, sogno  ed  aspirazione   della  parte  migliore  del  popolo  italiano, la  più  colta  e  generosa, anche  se  forse  minoritaria, in  termini  numerici  assoluti, dato    l’altissimo  livello  di  analfabetismo  che  esisteva, particolarmente  nelle  regioni  meridionali   e  che  rendeva  le  masse  insensibili  a  questi  motivi   ideali.

Ed  ora?  Adesso   sta  passando  l’ autobus   del  centenario  della  prima  Guerra  mondiale, la  Grande  Guerra;  per l’ Italia, la  Quarta  Guerra  d’ Indipendenza, e  si  prevedono  convegni, mostre, studi, pubblicazioni, ma  in  queste  quante  saranno  le  note  positive  ed  i  riconoscimenti  per   la  Monarchia  e  per  il  Re  Vittorio  Emanuele  III, il  “Re  Soldato”, non  per  definizione  retorica, ma  “fotografica”  di  questo  Sovrano che  praticamente  stette  al  fronte, insieme  con  i  suoi  soldati, per  41  mesi, avendo  delegato  i  suoi  poteri  civili, allo  Zio, Tommaso  di  Savoia, duca  di  Genova, quale  suo  Luogotenente  Generale. Leggeremo   tanto  e  di  più  sul  rovesciamento  delle  alleanze, come  fatto  genetico  dell’ Italia, falsità   storica, ma  di  grande  effetto, sulle  ragioni  dei  neutralisti, anche  queste  da  documentare, perché  non  basta  la  frase  giolittiana  del  “parecchio”, su   Caporetto, sui   600.000 morti, come  se  Francia, Gran  Bretagna, Germania, Austria  e  Russia  non  ne  avessero  avuti  molti  e  molti  di  più , sulla  responsabilità  dell’  Italia  nella  guerra, dimenticando   che  eravamo  entrati  in  guerra  il  24  maggio 1915, dopo  dieci  mesi  dall’inizio  del  conflitto  e  tante  altre  accuse  o  mancati  riconoscimenti, come  sicuramente  il  silenzio  su  Peschiera  e  su  altri  fatti  positivi.

Dobbiamo  essere  preparati   a  tutto  ciò, dai  giornali  alla  televisione, specie  nei  canali  e  nelle  trasmissioni   storiografiche, dalle  librerie  quando  si  presentassero  nuovi  libri  sulla  guerra  ed  essere  pronti  ad  intervenire  ed  a  replicare  e  le  nostre  manifestazioni  siano  aliene  dalla  retorica, affrontino  anche  i  temi  più  amari, perché  non  si  perda  di  vista  quello  che  rimane  una  verità  incontrovertibile  e  cioè  che  l’ Italia  con  la  grande  guerra, era  assunta  al  livello  di  potenza  europea, aveva  dimostrato  di  essere  una  nazione   ed  un  popolo  unito, che  il  soldato  italiano  non  era  secondo   a  nessuno, aveva  confermato  che  lo  Stato  esisteva      ed  era  robusto in   tutte  la  sue  strutture  e  tutto  questo  è  particolarmente  necessario  ricordare  e  documentare  perché  oggi  la  polemica  è  passata   dall’ antirisorgimento  al  secessionismo, con  argomentazioni  per  lo  più  egoistiche, e  quindi  moralmente  miserabili, ammantate  di  ricordi  che  la  polvere  dei  secoli   aveva  ricoperto, quando  invece  la  parte  più  importante  degli  stessi  era  stata  assorbita  e  rivitalizzata  nella  visione  unitaria  che  il  Regno  aveva  dato  di  tutte  le  piccole  storie  di  cui  erano  ricchi  gli  italiani, pur  nella  loro  divisione, che  lentamente, nei   secoli, dal  XVI°  in  poi, ci  aveva  posto  ai  margini  della  grande storia  europea, che  era  anche  allora  la  storia  del  mondo.


Domenico  Giglio

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