NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 28 settembre 2015

COME GIUNGEMMO AL 2 GIUGNO 1946



Il  4  giugno  1944  Roma  Capitale  veniva  restituita  al  Regno  d’Italia, e  sui  pennoni   del  Vittoriano  sventolavano  nuovamente le  grandi  bandiere  tricolore  con  lo  stemma  sabaudo,  ed  un  altra  bandiera  eguale  veniva  esposta  al  balcone  di  Palazzo  Venezia  ed  il  Principe  Umberto  si  insediava  al  Quirinale, quale  Luogotenente  Generale  del  Regno. Badoglio  era  costretto  a  lasciare  il  Governo  ed  il  C.L.N.  romano, designava  Ivanoe  Bonomi, socialista  riformista  e che  già  era  stato  Capo  del  Regio Governo  nel  1921, quale  nuovo  Presidente  del  Consiglio, designazione  che  il  Luogotenente, doveva  giocoforza  accettare  e  che  lasciò  perplesso, se  non  contrario  Churchill, che  avrebbe  preferito  la  riconferma  di  Badoglio.
Dopo  poche  settimane  veniva  raggiunta  Firenze  dalle  forze  anglo-americane, per cui  ad  un  anno  dal  25  luglio  1943, quasi  i  due  terzi  del  territorio  nazionale  erano  liberi  dal  nazisti, in  parte  restituiti  amministrativamente  al  legittimo  Governo  del  Regno  d’Italia, ed  in  parte  governati  dall’A.M.G., il  governo  militare  alleato. Per  memoria  ricordiamo  che  alla  data  dell’ 8  settembre  1943, la  Sicilia  era  già  stata  integralmente  conquistata  o  liberata  dalle  forze  anglo-americane, che  in  Sardegna  il  Regio  Esercito  aveva  liberato  l’isola  dalle  truppe  germaniche, ed  in  Puglia  quattro  province, Bari, Brindisi, Taranto  e  Lecce, erano  libere  da  truppe  straniere  ed  infatti, proprio  in  una  di  esse, Brindisi, si  era  trasferito  il  Re  ed  il  Capo  del  Governo, per  assicurare  la  continuità  dello  Stato  ed  il  necessario  rispetto  dell’armistizio.

Perciò  in  tutta  questa  parte  dell’ Italia  la  vita  politica  era  ripresa  con  un ritmo  abbastanza  intenso  ed  i  partiti  politici, ricostituitisi, avevano  iniziato  le  loro  riunioni  e  la  pubblicazione  dei   giornali, ed  una  stazione  radio, Radio  Bari, dava  voce  al  governo, dopo  aver  dato, poco  dopo l’8 settembre, voce  al  Re ed  ai  suoi  messaggi  agli  italiani, dove  spiegava  i  motivi  e  la  necessità  del  suo  allontanamento  da  Roma. A  Bari, nel  dicembre  1943  vi  era  stato  un  cosiddetto  “Congresso”  dei  partiti  antifascisti, con  l’accusa  alla  Monarchia ,   di  essere  stata complice  del  fascismo,  con  la  richiesta  ultimativa  della  abdicazione  di  Vittorio  Emanuele III, della  rinuncia  del  Principe  Ereditario, Umberto, ed  una  eventuale  reggenza  a  nome  del  nipote. In  fondo  era  chiaro  che  almeno  per  quanto  riguardava  il  Partito  d’ Azione, il  Partito  Socialista  e  quello  Comunista  il  loro  scopo  era  la  repubblica, mentre  per  i  democristiani  ed  i  liberali  del  Meridione, la  Monarchia  poteva  essere  conservata, senza  però  Vittorio  Emanuele, tale   era  ad  esempio  la  posizione  di  Benedetto  Croce, inspiegabilmente  accanito  nei  confronti  del  Re.
Sempre  nel  Meridione  l’atteggiamento  del  Clero  era  favorevole  alla  Monarchia  e  così  pure  quello  di  alcuni  gruppi  politici, estranei  al  famoso  Comitato  di  Liberazione  Nazionale, che  a  Roma,nei  nove  mesi  dell’occupazione  nazista, si  preparava,nascosto  nei  conventi, alla  conquista  del  potere.
Era  fin  da  allora  chiaro  lo  squilibrio  a  favore  delle  forze  antimonarchiche, anche  per  la  virulenza  della  loro  propaganda, che continuava  a  battere  sulla  compromissione  e  complicità  del  Re  con  il  fascismo, dimenticando  il  25  luglio  del  1943, dove, da  parte  del  Re,  si  era  posto  fine  al  regime, senza  che  scorresse  una  sola  goccia  di  sangue, ma  è  chiaro   che, per  assolversi  dalle  loro  responsabilità  storiche  negli  anni  1919 – 1922, social comunisti , azionisti  ed  anche  popolari, avevano  fatto  di  Vittorio  Emanuele  III, il  “capro  espiatorio”. Questo  al  Centro-Sud  ed  al  Nord ?
Al  Nord  la  Repubblica  Sociale  mussoliniana, dal  settembre  1943  all’aprile  1945, copriva  quasi  giornalmente  di  insulti, sulla  stampa  asservita  al  regime, il  Re, la  Casa  Savoia, la  Monarchia, qualificandoli  di  tradimento e di  viltà, inventando  lo  slogan  della  “fuga  di  Pecara”, che  denotava  fra  l’altro  l’ignoranza  del  trasferimento  del  Re, e  del  suo  imbarco  ad  Ortona  e  non  a Pescara, su  una  nave  della  Regia  Marina,  slogan  che  successivamente  è  stato  ripreso  dai  partiti  antifascisti, divenendo, purtroppo, il  luogo  comune  attuale  dell’opinione  pubblica. Anche  qui  al  Nord  violenza  di  linguaggio  ed  argomenti  contestabilissimi  se  non  vi  fosse  stata  la  dittatura  nazifascista  e  la  feroce  repressione  della  Resistenza, dove  numerose  erano  le  formazioni  di  militari  fedeli  al  giuramento  prestato  al  Re, e  quindi  naturalmente  monarchiche, senza  dimenticare  gli  oltre  seicentomila  militari  internati  in  Germania, sottoposti  a  violenze  ed  angherie, per  aver  voluto, anche  loro,  rimanere  fedeli  al  giuramento  al Re, esempio  fra  tutti  Giovannino  Guareschi.
In  ogni  caso, nel  Centro-Sud qualcosa  incominciava  a  muoversi  ed  organizzarsi  nel  campo  dei  difensori  della  istituzione  monarchica. A  Roma  nel  1944, si  costituiva  l’Unione  Monarchica  Italiana, con  lo  scopo  di  raccogliere  tutte  le  persone  di  diverse  idee  politiche  e  partitiche, ma  istituzionalmente  monarchiche, ed  un  partito  politico, dichiaratamente  monarchico,  la  cui  origine  risaliva  ai  mesi dell’occupazione  nazista  della  capitale, il  Partito  Democratico Italiano, segretario  un  giovane  diplomatico, Enzo  Selvaggi, con  un  battagliero  quotidiano,”Italia  Nuova”, al  quale  collaboravano  fra  gli  altri  Roberto  Lucifero  ed  Alberto  Consiglio, partito  che  tenne  a  Roma , al  Teatro  Quirino, nell’autunno  1944, il  primo  comizio  monarchico, che, logicamente, nel  loro  spirito  antidemocratico, le  sinistre  cercarono  di  impedire, e  sempre  con  provenienza  meridionale, si  costituiva anche  la  Concentrazione Democratica Liberale, dove  troviamo  tra  i  maggiori  esponenti un  altro  giovane, il  professore   Alfredo  Covelli.
Questa  la  situazione  fino  al  25  aprile  1945, quando  con  la  liberazione  della  restante  parte  dell’ Italia, con  il  contributo, in  misura  non  trascurabile,delle  forze  armate  regolari  del  Regio  Esercito, gli  ultimi  soldati  del  Re, che  da  Montelungo, l’8  dicembre  1943, alle  Mainarde, a  Filottrano  ed  a  Bologna, avevano  risalito  la  penisola, uscivano  alla  luce  del  sole  i  vari  partiti  politici  del  C.L.N., dopo  i  mesi  di  clandestinità  e  di  attività resistenziale. A  tale  proposito  non  vi  è  affermazione  più  falsa  ed  anche  offensiva  per  i  monarchici, di  quella  della  “repubblica  nata  dalla  resistenza”, perché  come  già  detto, nella  stessa  vi  erano  stati  numerosi i  monarchici, anzi  tra  i  primi  ad  imbracciare  le  armi  non  solo  in  Italia, vi  erano  stati  i  militari  deportati, ed  i  militari  che  avevano  combattuto  contro  i  tedeschi  in  Corsica,  a  Cefalonia, Corfù, Lero  e  Rodi, e  ricordiamo  che  tra  quelli  del  ricostituito  esercito, i  soldati  del  Primo  Raggruppamento  Motorizzato, per  intenderci  i  combattenti di  Montelungo, portavano  cucito  sulla  giacca  lo  scudo  di  Savoia. Quindi  i  monarchici  esistevano  e  si  erano  battuti  valorosamente, per  la  liberazione  dell’ Italia  e  non  per  la  repubblica!
Ma  se  questo  era  tra  i  militari, quale  era  la  situazione  tra  gli  uomini  politici? Degli  esponenti prefascisti, anche  se  avvicinandosi  al  referendum  molti  si  schierarono  per  la  monarchia, da  Orlando  a Nitti, Bonomi, Einaudi, Croce, in  quel  primo  momento   nessuno  ne  prese  le  parti  in  modo  deciso, per  cui  si contano  sulle  dita  di  una  mano  i  monarchici  dichiarati  quali  Bergamini, Bencivenga, Fabbri, De  Caro, Casati, Rodinò, tanto  che    possiamo  ben  dire  che  per  la  Monarchia  si  schierarono  subito  dei  giovani  tra  i  quali, oltre  ai  già  citati, Selvaggi, Covelli, Lucifero, Consiglio, ricordiamo  Luigi  Filippo  Benedettini, Nino  Bolla, Edgardo  Sogno.
Nel  frattempo  si  era  stabilita  in  sede  governativa, la  “tregua  istituzionale”, ma  la  stessa  fu  sistematicamente  violata  dai   repubblicani, mentre  il  Luogotenente, coadiuvato  dal  nuovo  Ministro  della  Real  Casa, l’avvocato  Falcone  Lucifero, calabrese  e  socialista, perciò  non  apprezzato  per  queste  origini  da  diversi  monarchici, cercava  di  recuperare  simpatie  ed  allargare  conoscenze, visitava  le  truppe, visite  che  alcuni  avrebbero  voluto  più  frequenti, dimenticando  gli  altri  doveri  che  come  capo  dello  Stato, trattenevano  il  Principe  a  Roma, contro  la  sua  stessa  volontà  che  lo  avrebbe  portato  ad  essere  più  vicino  ai  soldati, come  era  nella  migliore  tradizione di  Casa  Savoia,  e  come  lo  era  stato  il  padre, Vittorio  Emanuele III, durante  la  Grande  Guerra.  .
A  cercare  di  opporsi  al  clima  instaurato  dal  C.L.N., e  dai  suoi  governi, particolarmente  da  quello  presieduto  da  Ferruccio  Parri, nel  1945, che  qualcuno  definì  “il  fascismo  degli  antifascisti”, era  uscito  un  settimanale, l “Uomo  Qualunque”, agnostico  sul  problema  istituzionale, diretto  da  un  brillante  uomo  di  teatro  napoletano, il  commediografo  Guglielmo   Giannini, che  ebbe  un  crescente  successo, per  la  sua  documentata  polemica  sulla  ipocrisia, le  falsità  e  la  conquista  del  potere, senza  avere  nessuna  legittimazione  democratica  della  nuova  casta  dirigente,  tanto  da  trasformarsi  in  un  vero  movimento  politico, con  un  suo  giornale  quotidiano, “Il  Buonsenso”. Come  il  P.D.I.  e  la  Concentrazione  Democratico-Liberale  anche  questo  movimento  trovava  i  maggiori  consensi  nell’Italia  centromeridionale, mentre  nel  nord,  dopo  il  25  aprile  1945  erano  venuti  allo  scoperto  alcuni, gruppi  monarchici, specialmente  in  Piemonte, dei  quali  ricordiamo  il  gruppo  “Cavour”, con  un  suo  settimanale. Ed  in  quel  periodo, proprio  nel  Nord,  a  Milano, usciva  un  settimanale  satirico, il  “Candido”,  dichiaratamente  monarchico, diretto  da  Giovannino  Guareschi, reduce  dai  campi  di  concentramento  nazisti, per  la  sua  fedeltà  al  giuramento. Il  peso  positivo che  il  “Candido”  senza  dubbio  ebbe  nella  propaganda  per  la  Monarchia  è  indiscutibile, come  successivamente  lo  ebbe  il  18  aprile  1948, per  la  vittoria  della  Democrazia  Cristiana, ed  il  giornale, grazie  a  collaboratori  come  Giovanni  Mosca  e  Massimo  Simili, raggiunse  una  diffusione  notevole, perché  era  anche  un  vero  giornale  satirico, ricco  di  un  umorismo  sottile  e  penetrante, sia  su  fatti  ed  uomini  politici, ricordiamo  l’invenzione  dei  comunisti  “trinariciuti”, ed  il  “visto  da  destra”  e   “visto  da  sinistra”, sia  con  personaggi  come  “il  signor  Veneranda”.
Decisamente  per  la  Monarchia  dei  Savoia  erano  i  maggiori  storici  dell’epoca  da  Gioacchino  Volpe  a  Niccolò  Rodolico  ed  a  Pietro  Silva, a  cui  si  deve  un  testo  ancor  oggi  fondamentale  “Io  difendo  la  Monarchia”, che  uscì  purtroppo, quasi  all’immediata  vigilia  del  referendum  per  cui  non  potette  avere  la  necessaria  diffusione. 
Nel  frattempo  il  governo  Parri , portato  a  Roma , dal  “vento  del  Nord”, produceva  leggi  sulla  epurazione  dei  fascisti  e  sui  loro  illeciti  arricchimenti  che  venivano incontro  alla  richiesta  più  di  vendetta  che  di  giustizia, con  un  effetto  negativo  sulla  opinione  pubblica  moderata  e  spinsero  ad  uno  dei  pochi  atti  di  coraggio  il  partito  liberale, costringendolo  alle   dimissioni. Ed  in  queste  trattative  per  la  successione, che  portò  al  primo  governo  De  Gasperi, si  giocò  una  partita conclusasi  a  tutto  favore  della  repubblica. Infatti  i  tentativi  di  inserire  alcune  personalità  del  periodo  prefascista, come  Orlando  e  Nitti , fallirono, ed  il  Luogotenente  e  Lucifero  non  riuscirono  ad  impedire, per  l’acquiescenza , se  non  per  la  viltà  della  Democrazia  Cristiana  e  dei  liberali, che  i  due  dicasteri  chiave  del  nuovo  governo, gli  Interni  e  la  Giustizia  fossero  affidati  al  socialista, notoriamente  repubblicano, Romita, ed  al  comunista  Togliatti. Quali  che  saranno  i  dubbi  sull'esito  del  referendum, possiamo  dire  che  le  basi  per  la  soluzione  repubblicana furono  poste  in  quei  giorni !
Abbiamo  parlato  di  “referendum”, ma  inizialmente, dai  governi  ciellenistici  era  stata  prevista  solo  la  elezione  per  una  Assemblea  Costituente, alla  quale  sarebbe  spettata  anche  la  decisione  istituzionale, per  cui  essere  riusciti  ad  affidare  invece  la  decisione  ad  un  plebiscito, non  dimenticando  che  formalmente  l’ Unità  d’Italia  era  avvenuta  con  una  serie  di  plebisciti  di  adesione  alla  Monarchia  Costituzionale  di  Vittorio  Emanuele  II, era  stato  senz’altro  un  successo  del   Luogotenente  e  del Ministro  della  Real  Casa.
L’ operato  fazioso  di  Romita, anche  in  questo  caso  acquiescenti  i  democristiani, fu  nella  decisione  da  Ministro  degli  Interni, di  far  svolgere , prima  di  quelle  per  la  Costituente, le  elezioni  amministrative  in  tutta  l’ Italia  centrosettentrionale. Perchè  fazioso   se  non  in  malafede ? Perché  la  logica  più  elementare  avrebbe  voluto  che  le  elezioni  amministrative  si  svolgessero  per  prime  in  quella  parte  dell‘Italia  centromeridionale  dove  da  due  anni  si  viveva  in  libertà  con  la  vita  politica  già  consolidata e  non  nel  Nord  con  le  ferite  ancora  aperte  della  guerra. Romita  lo sapeva  e  capiva  che   specie  nel  meridione  il  successo  sarebbe  andato  ai  moderati  ed  ad  eventuali  liste  monarchiche, cosa  che  avvenne  poi, nelle  elezioni  amministrative  tenutesi  dopo  il  referendum e  che  videro, ad  esempio, eletto  Sindaco  di  Napoli,il  monarchico  Buonocore. Perciò, fece  tenere  il  10  marzo  1946  le  elezioni in  maggioranza   al  Nord  e   così  si  ebbe  il  successo  socialcomunista, con  la  Democrazia  Cristiana  unica  a  fronteggiarli. Con  questi  risultati  Romita  sperava  di  influenzare  il  corpo  elettorale, dato  che  si  dice  essere  tendenza  tipica  quella  di  schierarsi  con  i  vincitori, ma  in  questo  caso  forse  dette  argomenti  agli  oppositori  di  centrodestra  perché  l’ Italia  non  finisse  nelle  braccia  delle  sinistre, come  dimostrarono  le  successive  elezioni  del  1948, che  videro  sconfitto  clamorosamente  il  fronte  democratico  popolare, dove  le  sinistre  riunite  si  erano  nascoste  sotto  l’effigie  di  Garibaldi.
Ritornando  al  referendum  che  doveva  decidere  sulla  questione  istituzionale, ricordiamo  che  il  suffragio  universale  era  stato  esteso  anche  alle  donne, con  l’elettorato  attivo  e  passivo, e  questa  giusta  ed  improcrastinabile  estensione  senza  dubbio  giovò  al  causa  della  Monarchia, perché  la  maggioranza  dell’elettorato  femminile  sia  per  il  timore  di  un  salto  del  buio  e  per  motivi  affettivi  nei  confronti  della  famiglia  reale, era  per  il  mantenimento  dell’istituto  monarchico  e  questo  fu  capito  dai  propagandisti  monarchici  che  fecero  affiggere  un  bellissimo  manifesto  con  la  fotografia  del  Re, della  Regina  e  dei    Principini  nei  giardini  del  Quirinale. Abbiamo  detto  del  Re, perché  il  9  maggio  1946, Vittorio  Emanuele  III, dopo  46  anni  di  regno, aveva  abdicato, forse  un  po’  tardivamente, ed  il  Principe  Umberto, dopo  quasi  due  anni  di  Luogotenenza, era assunto  al  trono  assumendo  il  titolo  regale  di  Umberto  II. Su  questo  atteggiamento  monarchico  della  maggioranza dell’elettorato  femminile  le  sinistre  erano convinte, per  cui  essendo  stato  scelto  come  simbolo  repubblicano  nella  scheda  per  il  referendum  una  testa  femminile  con una  corona  turrita, dei  loro  propagandisti, nella  Italia  meridionale, diffusero  fraudolentemente  la  voce  che  quel  simbolo  significava  “la  regina”, e  quindi  le  donne  dovevano  sbarrare  quel  simbolo, e senza  dubbio  diverse  donne  caddero  nella  rete !
Il  Meridione , infatti, era  in  stragrande  maggioranza  per  la  Monarchia  (  nella circoscrizione  di  Napoli -  Caserta  la  Monarchia  ottenne  902.700  voti  e  la repubblica  241.778 !), in  quanto, sia pure  sotto  un  susseguirsi  di  Dinastie, vedi  le  statue  dei  diversi  Re  nelle  nicchie  del  Palazzo  Reale  di  Napoli, il  principio  monarchico  aveva  con  sé  novecento  anni  di  storia. Così  in  meno  di  un  mese, il  nuovo  Re, visitò  le  principali  città  d’Italia, con  accoglienze  entusiastiche  di  enormi  folle  da  Roma  in  giù, e  meno  numerose  e  più tiepide, ma  pur  sempre  significative  nelle città  del  Nord, dove  non  si  potevano tenere  in  molti  casi , comizi  “pro  Rege”  per  la violenza  prevaricatrice  delle  sinistre  repubblicane, che  minacciavano  un  moto  rivoluzionario , “ o  la  repubblica  o  il caos“, se  la  Monarchia  avesse  prevalso, mentre  il  Re, nella  sua  grandezza  d’animo, aveva  promesso  un  secondo  referendum  se  la  Monarchia  avesse  vinto  con  un  piccolo  scarto  di  voti.
Sempre  da  parte  delle  sinistre  si  farneticava  di  fantomatiche  organizzazioni  militari  segrete  monarchiche,  le  “forze  oscure  della  reazione  in  agguato”, mentre  sappiamo  bene  che  se  delle  formazioni  militar segrete  esistevano, erano  quelle  del  Partito  Comunista!
E  i  partiti ? Della  scelta  repubblicana  di  azionisti, socialisti  e  comunisti, abbiamo  già  detto. Rimanevano  la  Democrazia  Cristiana, erede  del  Partito  Popolare  di  Don  Sturzo  ed  il  Partito  Liberale. Entrambi  i  partiti  affidarono  ai  loro  congressi  nazionali  la  decisione  istituzionale  e  la  scelta  democristiana, malgrado  i  numerosi  monarchici  esistenti, fu  a  maggioranza  netta  per  la  repubblica, mentre  i  liberali  a  maggioranza  si  schierarono  per  la  monarchia. Per  la  scelta  repubblicana  della  D.C. ,diversi  esponenti  lasciarono  il  partito  e  tra  questi  è  doveroso  ricordare  l’avvocato  milanese  Cesare  Degli  Occhi, che  aveva  militato  da  giovane  nel  Partito  Popolare, del  quale  era  pure  stato  autorevole  esponente  il  padre, Adamo  Degli  Occhi, e  che  fu  appunto  uno  dei  pochi  oratori  per  la  monarchia  nelle  piazze  del  Nord, tra  le difficoltà, i boicottaggi  e  le  violenze  delle  sinistre  repubblicane  di  cui  abbiamo  già  parlato.
E  la  Chiesa? Nel  Meridione  abbiamo  già  detto  di  una  tendenza  maggioritaria  a  mantenere  l’istituzione  monarchica, ma  il  Vaticano  ed  il  Nord? Vi  era   ancora  chi  cercava  la  rivincita  del  20  settembre  1870, malgrado  la  Conciliazione  ed  i  Trattati  Lateranensi, vi  era  chi  nutriva  sentimenti  absburgici  ed  austriacanti , come  poi  si  vide  nei  risultati  elettorali  del  Trentino, la  regione  con  il  maggiore  squilibrio  di  voti  a  favore  della  repubblica.con  191.450  voti, contro  33728, alla  Monarchia, pari  al  15%, percentuale  inferiore  persino  alla  Emilia Romagna! Il  Pontefice, Pio XII, nei  suoi  interventi, non  poteva, è  doveroso  dargli  atto, prendere  una  posizione  netta  a  favore  o  contro  la  Monarchia, anche  se  riflettendo  sulle  sue  parole  appariva  una  propensione  contro  il  cambiamento, che  invece  pare  fosse  auspicato  da  un  suo  stretto  collaboratore .
E  gli  anglo-americani? Se  l’ Inghilterra, finché  Churchill  guidò  il  governo, aveva  difeso  l’operato  del  Re  Vittorio  Emanuele  e  del  governo  Badoglio  dopo l’ 8 settembre, e  Churchill  particolarmente  aveva  avuto  una  favorevole  impressione  delle  doti  del  Luogotenente, il  successo  elettorale  laburista  nelle  elezioni  del  1945, tagliava  ogni  speranza  di  un appoggio  anche  solo  simbolico  alla  Monarchia. Quanto  agli  Stati  Uniti, per  gli  stessi  il  principio  repubblicano  era  connaturato, per  cui, anche  se  personalmente  subivano  il  fascino  dei  Principi  e  dei  Re, non  potevano  che  essere  favorevoli  alla  scelta  repubblicana, senza  pensare  che  in  questa  scelta  sarebbero  stati  determinanti  i  comunisti .
Della  Unione  Sovietica  inutile  parlare  tanto  era  chiara  la  scelta  repubblicana, anche  se  era  stata  nel  1944, la  prima  ad  instaurare  rapporti  diplomatici  con  il  governo  Badoglio.
Quindi  Umberto  II  era  solo, con  il  suo  Ministro  al  quale  fu  affidato  il  compito  del  messaggio  radio  contenente  le  motivazioni  a  favore  della  Monarchia, a  chiusura  della  campagna  elettorale per  il  referendum, e  non  poteva  contare  su  adeguati  mezzi  finanziari  per  sostenere  la  campagna  elettorale  monarchica, per  cui   per  la  Costituente  vi  fu  un’unica  lista, non  presente  in tutte  le  circoscrizioni,  il  Blocco  Nazionale  della  Libertà, che  si dichiarasse  esplicitamente  monarchica, pur  avendo  un  simbolo  anonimo, una  stella  a  cinque  punte, più alcune   liste  locali, avente  un  simbolo  monarchico, (Alleanza  Monarchica  Italiana, con  30.505  voti, il  Movimento  Democratico  Monarchico, con  29.916  voti ed  il  Partito  Patriottico  Monarchico  con 11.102  voti) che  non  raggiunsero  il  quoziente  e  dispersero  i  voti, che  furono  636.493, pari  al  2,8%  per  il  blocco, con  16  deputati,cifra  che  ritroveremo  quasi  eguale, come   percentuale,  nel  1948  per  il  P.N.M., simbolo  “Stella  a  cinque  punte  e  corona  reale”, voti  che  rappresentano  storicamente  lo zoccolo  duro  dei  monarchici “prima ed   innanzi  tutto” , ideologicamente  cattolico-liberali, storicamente  risorgimentali, dinasticamente  sabaudi.
Al  referendum   invece  i  voti  per  la  monarchia  furono quasi  11  milioni, senza  considerare  1.498.136  voti  nulli, che  la  Cassazione   non  considerò  tra  i  “votanti, respingendo  il  ricorso  Selvaggi, malgrado  l’opinione  contraria  del  Procuratore  Generale  Massimo  Pilotti, ed  è  un  fatto  incontrovertibile  che  furono  tanti  gli  elettori  che  liberamente  espressero  questa  loro  preferenza, il che  dimostrava  come  la  scelta  monarchica, svoltasi  nelle  peggiori  condizioni  storiche  avesse  ancora  una  notevole  consistenza.

Domenico  Giglio

Bibliografia :                                     

1) Pietro  Silva – “Io  difendo  la  Monarchia”. Editore De  Fonseca – gennaio  1946
2) Italicus ( Saini )- “Storia  segreta  di  un  mese  di  Regno”-editore Sestante -  1947
3) Domenico  De  Napoli –“Il  movimento  monarchico  in Italia  dal  1946  al  1954”-Loffredo  editore  -1980
4)I  Monarchici (dalla  Grande  Enciclopedia  della  politica)- Volume  !  del  1993  e  2  del  1994- ed.  EBE srl.
5)Fernando  Etnasi- “ Repubblica  o Monarchia -2 giugno  1946”-  editrice  Dies- 1966
6)Falcone  Lucifero ( introduzione  del  prof.Perfetti)-“ L’ultimo  Re-diari  1944-1946”-ed.Mondadori-2002
7)Andrea  Ungari – “In  nome  del Re-i Monarchici  dal  1943  al  1948” –editore  Le Lettere- 2004
8)Aldo  A. Mola –“Declino  e  crollo  della  Monarchia  in Italia”- ed. Mondadori - 2006
9)Domenico  Fisichella – “Dittatura  e  Monarchia- L’Italia  tra  le  due  guerre”. Ed. Carocci -2014
10)Paolo  Rossi – “Storia  d’Italia –dal  1914  ai  nostri  giorni “ . Ed. Mursia - 1973   







  

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