NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

martedì 3 novembre 2015

Conferenza di Coaloa dedicata ad Amedeo, terzo Duca d’Aosta

A Sartirana vivono la figlia del Duca, Margherita e il nipote, Martino d’Austria-Este.


Sartirana — Martedì 3 novembre, a Sartirana Lomellina (Pavia) si celebra la festa nazionale delle Forze Armate, alle 21 , presso la Biblioteca Comunale in Via Castello. Ospite d’onore lo storico Roberto Coaloa, che sarà il relatore speciale della serata, con una conferenza dedicata ad Amedeo, Terzo Duca d’Aosta, dal titolo «Un soldato tra le due guerre, S.A.R. il Duca Amedeo d’Aosta» che inaugura una mostra dedicata al Duca Amedeo, allestita in collaborazione con le famiglie dei discendenti.
AMEDEO. TERZO DUCA D’AOSTA
Amedeo Umberto Lorenzo Marco Paolo Isabella Luigi Filippo Maria Giuseppe Giovanni di Savoia-Aosta, soprannominato l'eroe dell’Amba Alagi (Torino, 21 ottobre 1898 – Nairobi, 3 marzo 1942), membro di Casa Savoia appartenente al ramo Savoia-Aosta, fu viceré d'Etiopia dal 1937 al 1941.
Amedeo nacque a Torino nel 1898 da Emanuele Filiberto, secondo duca d'Aosta, e da Elena di Borbone-Orléans. Gli furono padrino e madrina il Re Umberto e l’ava materna Contessa di Parigi. Quale erede del ducato d’Aosta ricevette il titolo di duca delle Puglie. A nove fu inviato al collegio di St. Andrew di Londra, nel Regno Unito. Tornato in Italia fu avviato alla carriera militare a quindici anni e iscritto al Reale Collegio della Nunziatella di Napoli. Ben presto Amedeo si scontrò con le rigide consegne imposte agli altri studenti: nessuno doveva rivolgersi per primo al principe, e, se interpellato, doveva mettersi sull'attenti e rispondere esclusivamente: "Sì altezza reale, no altezza reale". Infastidito da tanta formalità, Amedeo permise ai propri compagni di dargli del "tu" e di omettere il titolo di Altezza Reale.

IL DUCA AMEDEO NELLA GRANDE GUERRA
All'ingresso dell'Italia nella prima guerra mondiale si arruolò volontario, a soli 16 anni, come soldato semplice nel Reggimento artiglieria a cavallo "Voloire". Il padre Emanuele Filiberto lo presentò al generale Petitti di Roreto dicendo: "Nessun privilegio, sia trattato come gli altri". Amedeo di Savoia-Aosta venne subito destinato alla prima linea, con il grado di caporale e servente d'artiglieria sul Carso, guadagnandosi sul campo il grado di tenente per merito di guerra. Al termine del conflitto ottenne dal padre il permesso di seguire lo zio Luigi Amedeo, duca degli Abruzzi, in Somalia, dove era impegnato nell'esplorazione del fiume Uèbi Scebèli con lo scopo di realizzare una fattoria per la coltivazione di cotone, canna da zucchero e semi oleosi. Insieme costruirono una ferrovia ed un villaggio, battezzato Villaggio Duca degli Abruzzi. Successivamente Amedeo studiò all'Eton College ed alla Oxford University, imparando perfettamente la lingua inglese. Nel 1921 Amedeo partì per il Congo Belga. Amedeo si recò in Africa e si fece assumere sotto pseudonimo come operaio semplice in una fabbrica di sapone a Stanleyville (oggi Kisangani). Il 24 luglio 1925, rientrato in Italia, conseguì la licenza di pilota militare. Tornato in Africa, Amedeo compì numerosi voli di ricognizione, guadagnando una medaglia d'argento al valor militare per le ardite azioni in volo sulla Cirenaica. Successivamente si laureò in giurisprudenza all'Università di Palermo con una tesi intitolata I concetti informatori dei rapporti giuridici fra gli stati moderni e le popolazioni indigene delle colonie, esaminando il problema coloniale sotto l'aspetto morale e sostenendo che l'imposizione della sovranità di uno stato sugli indigeni si giustifica moralmente solo migliorando le condizioni di vita delle popolazioni colonizzate. Durante gli anni trenta risiedette presso il Castello di Miramare, a Trieste, mentre comandava il 4º Stormo Caccia di Gorizia, passando poi al comando della Brigata Aerea e infine della Divisione Aerea "Aquila". In quel periodo fu anche presidente onorario dell'Unione Sportiva Triestina Calcio. Nel 1935, allo scoppio della Guerra d'Etiopia, chiese d'andare al fronte, ma il Re rifiutò, motivandolo con la sua posizione nell'ordine di successione al trono. Intanto si parlava anche di proposte ed intese per far diventare Amedeo re di qualche nazione europea. Al termine della guerra civile spagnola, nel 1939, si era pensato di dargli il trono di Spagna, lasciato libero dai Borbone. La proposta decadde per l'opposizione di Francisco Franco. In seguito ci furono incontri fra alti esponenti politici ungheresi ed italiani affinché Amedeo cingesse la corona d'Ungheria, rimasta vacante dopo la sconfitta degli Asburgo al termine della prima guerra mondiale (volendo mantenere la monarchia, dato che la corona rappresentava l'unità e l'indipendenza dello stato, al termine della prima guerra mondiale gli ungheresi trovarono una soluzione di compromesso nominando un reggente nella persona dell'ammiraglio Miklós Horthy, in attesa della futura salita al trono di qualche re che non fosse un Asburgo, dinastia contro la quale le potenze vincitrici della guerra avevano posto il veto. La morte di Amedeo nel 1942, però, fece sfumare il piano di mettere un Savoia sul trono di Budapest.

AMEDEO VICERÉ D’ETIOPIA ED EROE DELL’AMBA ALAGI
A seguito della morte del padre Emanuele Filiberto nel 1931, Amedeo assunse il titolo di duca d'Aosta. Nel 1932 entrò nella Regia Aeronautica e diventò, dopo la conquista italiana del 1936, viceré d'Etiopia. Dopo la seconda guerra italo-abissina, il 21 ottobre 1937 Amedeo di Savoia fu nominato governatore generale (e quindi comandante in capo) dell'Africa Orientale Italiana e viceré d'Etiopia. Nel 1941, di fronte alla travolgente avanzata degli inglesi nell'Africa Orientale Italiana, le poche truppe italiane rimaste al suo comando si ritirarono per organizzare l'ultima resistenza sulle montagne etiopi. Amedeo si asserragliò dal 17 aprile al 17 maggio 1941 sull'Amba Alagi con 7.000 uomini, una forza composta da carabinieri, avieri, marinai della base di Assab, 500 soldati della sanità e circa 3.000 militari delle truppe indigene.
Lo schieramento italiano venne ben presto stretto d'assedio dalle forze del generale Cunningham (39.000 uomini). I soldati italiani, inferiori sia per numero che per mezzi, diedero prova di grande valore, ma, rimasti stremati dal freddo e dalla mancanza di munizioni, acqua e legna, si dovettero arrendere ai britannici. Il giorno 14 Amedeo ottenne da Mussolini l'autorizzazione alla resa e designò come negoziatore il generale Volpini, che, però, fu massacrato con la sua scorta dai ribelli etiopi che circondavano le linee italiane.
Poco prima della resa Amedeo autorizzò gli indigeni della sua truppa a tornare nei propri villaggi (e altrettanto autorizzò a fare ai suoi ufficiali), ma, come risulta dai bollettini del 1941 del SIM, gli abbandoni non furono superiori alla quindicina di casi, testimoniando il profondo legame che si era instaurato fra lui stesso, i suoi più giovani ufficiali ed i loro ascari.
A mezzogiorno del 17 maggio le condizioni della resa vennero pattuite dai generali Trezzani e Cordero di Montezemolo per parte italiana e dal colonnello Dudley Russel per parte britannica. I militari di Sua Maestà Britannica, non solo in omaggio del comandante nemico appartenente alla migliore nobiltà europea, ma anche in segno di ammirazione per la fermezza da loro mostrata, resero gli onori delle armi ai superstiti, facendo conservare agli ufficiali la pistola d'ordinanza.
Lunedì 19 maggio 1941, all'ingresso della caverna-comando, comparve Amedeo d'Aosta, viceré d'Etiopia, in cravatta d'ordinanza, guanti di filo e stivali color kaki. Da Forte Toselli il Duca si avviò scendendo a passi rapidi, mentre alla sua sinistra marciava il generale inglese Maine, scortato da un sottufficiale sudafricano. Su due colonne li seguivano i soldati del presidio, carichi di armi leggere, zaini, valigie di cartone legate con lo spago, chitarre e fagotti. Molti piangevano. Tutti, per ordine di Amedeo, si erano rasati la barba e tagliati i capelli. Ancora più indietro, in disordine, gli ascari superstiti dei battaglioni abissini con le donne tigrine che si erano portate lassù. Amedeo d'Aosta rese il saluto al picchetto d'onore ed alla bandiera italiana che si ammainava. Tuttavia, i britannici non rispettarono del tutto le clausole delle condizioni di resa da essi proposte. Dopo la cerimonia dell'onore delle armi, infatti, i soldati italiani vennero lasciati in balìa delle truppe indigene, che li depredarono di ogni cosa. Allo stato maggiore non fu concesso di seguire il Duca come stabilito.
Amedeo, prigioniero di guerra numero 11590, venne trasferito in Kenya in aereo. Durante il volo gli vennero ceduti per alcuni istanti i comandi, in modo da consentirgli di pilotare per l'ultima volta. Arrivato in Kenya venne tenuto prigioniero dagli inglesi presso Dònyo Sàbouk, una località insalubre ed infestata dalla malaria a 70 chilometri da Nairobi. Nonostante Amedeo intercedesse presso le autorità inglesi affinché migliorassero le condizioni dei militari italiani e per il rimpatrio dei civili, il comando britannico non gli consentì di ricevere nessuno né di visitare gli altri prigionieri.
Nel novembre 1941 iniziò ad accusare alcuni malori. A dicembre una febbre alta lo costrinse a letto. Tre settimane dopo il comando britannico permise ad Amedeo di recarsi a visitare i prigionieri italiani (sarebbe stata l'ultima sua uscita), ma gli impedirono di salutarli personalmente: Amedeo ottenne solo che la sua vettura procedesse a passo d'uomo di fronte ai cancelli del campo di prigionia. Dietro i cancelli i prigionieri italiani gli tendevano le mani e lo chiamavano per nome, mentre Amedeo non si curava di asciugare le lacrime che gli rigavano il volto.
Il 26 gennaio 1942 gli vennero diagnosticate malaria e tubercolosi. Amedeo morì il 3 marzo 1942 nell'ospedale militare di Nairobi dove fu da ultimo ricoverato. Al suo funerale anche i generali britannici indossarono il lutto al braccio. Per sua espressa volontà è sepolto al sacrario militare italiano di Nyeri, in Kenya, insieme a 676 suoi soldati.
Poiché Amedeo aveva avuto solo figlie femmine, nel titolo ducale gli succedette il fratello Aimone.
Amedeo aveva fama di essere un gentiluomo. Prima di lasciare la sua sede di Addis Abeba scrisse una nota ai comandi britannici per ringraziarli in anticipo della futura protezione alle donne e ai bambini del luogo. L'imperatore Hailé Selassié, inoltre, fu impressionato dal rispetto che Amedeo dimostrò nei suoi confronti. Durante la sua visita ufficiale in Italia, nel 1953, Hailé Selassié invitò per un tè Anna d'Orléans, vedova del Duca d'Aosta, ma, quando il governo italiano lo informò che ricevere la Duchessa avrebbe offeso la repubblica, Hailé Selassié fu costretto a cancellare l'incontro con dispiacere. In sostituzione, invitò il quinto duca d'Aosta in Etiopia verso la metà degli anni sessanta e gli accordò tutti gli onori di un capo di Stato.

LA MEMORIA DEL DUCA D’AOSTA IN ITALIA
A Roma sono intitolati ad Amedeo di Savoia-Aosta la galleria Principe Amedeo di Savoia-Aosta, che sottopassa il Gianicolo fuori dal Vaticano, tra Porta Cavalleggeri e Porta Santo Spirito, e il ponte omonimo, aperto nel 1942. In origine le due opere venivano designate come "Galleria gianicolense" e "Nuovo ponte dei Fiorentini".
Il 4 novembre 1962, per iniziativa dell'aeroclub locale e con la partecipazione dell'Associazione Arma Aeronautica e dell'Aeronautica Militare, il presidente della Repubblica Antonio Segni inaugurò un monumento in onore del Principe Amedeo all'aeroporto di Gorizia. Il monumento è composto da 10 cippi rievocanti le tappe più significative delle imprese militari di Amedeo, sopra i quali si eleva una statua in marmo travertino alta 5 metri che raffigura il Duca in divisa da aviatore con il viso rivolto verso l'Africa.
Un altro monumento ad Amedeo si trova nel parco del Castello di Miramare a Trieste, dove risiedette con la famiglia prima della partenza per l'Etiopia. Questo castello è risultato funesto per chi vi ha abitato: Massimiliano d'Asburgo partì per cingere la corona imperiale del Messico e vi morì, Amedeo partì per l'Impero d'Etiopia di cui fu viceré e morì in prigionia. In questi anni molte vie e piazze sono state intitolate al Viceré Amedeo. Un suo busto di bronzo, dono della moglie Anna di Francia, si trova all'interno del Castello di Miramare e due stanze dello stesso sono a lui dedicate con interessante documentazione. Il portale web dell'Aeronautica Militare ha proposto una pagina, intitolata "I grandi aviatori", dove vengono citate le maggiori personalità storiche dell'aviazione italiana, ponendo Amedeo di Savoia-Aosta tra di esse.
A Sartirana Lomellina è dedicata al Duca una via. Nel comune lomellino vivono anche la figlia del duca, S.A.I.R. Margherita e il nipote, S.A.I.R. Martino d’Austria-Este.

ARCIDUCA MARTINO D’AUSTRIA-ESTE
Martino d’Austria-Este è nato vicino a Parigi (Bologne-sur-Seine), il 19 dicembre 1959. Battezzato con i nomi di Martin Karl Amadeus. Il padrino fu lo zio Karl Ludwig, la madrina fu la zia Adelaide. È figlio dell’arciduca Robert d’Austria-Este (nato nel castello di Schönbrunn, l’8 febbraio 1915, morto a Basilea il 7 febbraio 1996), terzogenito dell’Imperatore Carlo e dell’Imperatrice Zita, e della principessa Margherita di Savoia-Aosta (nata a Capodimonte, il 7 aprile 1930), figlia di Amedeo di Savoia, III duca d’Aosta (1898-1942), e della principessa di Francia Anne-Hélène Marie d’Orléans (1906-1986). L’Arciduca Martino è quindi il nipote di due nonni illustri: Carlo, l’ultimo Imperatore dell’Austria-Ungheria, morto a Madera, il 1 aprile 1922, e Amedeo, viceré d’Etiopia, morto a Nairobi, il 3 marzo 1942, dopo la resa sull’Amba Alagi. L’Arciduca ha fatto il militare come ufficiale, poi l’università, facoltà di agraria, a Monaco di Baviera. Ora a Sartirana Lomellina, Martino d’Austria-Este conduce un’importante azienda agricola, che il Duca d’Aosta aveva ereditato dalla ultime duchesse di Sartirana. L’Arciduca è sposato alla principessa Katharina von Isenburg, dalla quale ha avuto quattro figli: Bartolomeo, Emanuele, Elena e Luigi.

IL RELATORE DELLA SERATA, LO STORICO ROBERTO COALOA
Storico, scrittore, traduttore, Roberto Coaloa, nato a Casale Monferrato, ha compiuto i propri studi nelle università di Milano, Città del Messico, Heidelberg e Aix-en-Provence. Docente universitario, Coaloa ha inoltre pubblicato molti saggi dedicati al Risorgimento, alla Grande Guerra e ai viaggiatori dell’Ottocento, come Carlo Vidua. È specialista della storia dell’Austria-Ungheria, con studi sulla marina da guerra e sugli Asburgo; un grande successo ha avuto il suo “Carlo d’Asburgo, l’ultimo imperatore. Il «gentiluomo europeo», profeta di pace nella Grande guerra”. Slavista, ha approfondito lo studio della storia e della lingua russa in molti viaggi tra Mosca e San Pietroburgo. Ha studiato il pensiero di Lev Tolstoj, pubblicando alcune lettere inedite e trovando e traducendo per Feltrinelli il saggio “Guerra e rivoluzione”. È autore della più intensa e appassionata biografia dello scrittore russo, “Lev Tolstoj. Il coraggio della Verità”, tra molti testi inediti e il confronto con il più grande dei discepoli di Tolstoj, il Mahatma Gandhi.

Critico letterario, collabora con numerose testate italiane. Scrive sulla “Domenica”, inserto culturale de “IlSole-24Ore”.

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