NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 11 novembre 2015

Ricordando Carlotta..


Emilio Del Bel Belluz

Apprendo della morte della figlia di Giovannino Guareschi. Aveva 73 anni, si chiamava Carlotta e mi era capitato di conoscere lei e suo fratello a Pradipozzo in una manifestazione che veniva fatta per ricordare la figura del grande scrittore papà. 
I due fratelli mi piacquero subito, erano la continuazione della vita di questo scrittore che ha dato all'Italia una fama mondiale. Basti precisare che i suoi libri sono pubblicati persino in Russia. 
La figlia dello scrittore, Carlotta, mi era piaciuta per la sua semplicità avendoci parlato in occasione di una mostra dedicata al padre. Mi avvicinai a lei chiedendogli una sua firma su un libro del padre e mi ricordo lei che si ritrasse in un no quasi a non voler e poter confondere  il suo nome con quello dell’amato padre. Per me conoscere i figli dell’autore è stato come un passaggio di ricordi da portare avanti. 
Mi capita spesso di parlare di Guareschi con un professore di 100 anni, il prof. Battiston che fu recluso nello stesso campo di concentramento. Lui mi raccontava di come avevano passato una notte di Natale nel campo. Fu Guareschi a rallegrare gli animi. Fecero una specie di teatro in camerata e tutti ne rimasero colpiti e rallegrati. Il prof. al racconto, continua ancora oggi a commuoversi. La figlia morta ieri, tra l’altro, nacque proprio nel periodo di prigionia del padre. 
Carlotta, la figlia, è sempre presente nelle pagine scritte dal padre dove la famiglia rappresenta un punto di riferimento costante. Guareschi ebbe la fortuna poi di rivedere la figlia solo al termine della guerra e per poco tempo viste le vicissitudini della vita che portarono Guareschi a dover rivivere un’altra esperienza da recluso in un anno di carcere in seguito alla diatriba avuta con De Gasperi nell’anno 1954.1955.. La bellezza delle sue pagine in cui racconta della figlia sono esempi di letteratura e vita come quelle scritte nella “La Pasionaria”. 
Ora con la morte della figlia scompare un pezzetto di Guareschi e della letteratura italiana. Spesso nella mia vita ho pensato ai figli di Guareschi. Ho visitato la sua casa dove sono raccolti e custoditi la sua opera. Ho amato questi ragazzi perché hanno portato avanti il ricordo oltre che il lavoro del padre. 
Molte famiglie italiane sono grate a Guareschi per la felicità che lui ha saputo regalare. Mio padre Elso che aveva vissuto la sua stessa prigionia in Germania lo sentiva vicino. E respirando quella letteratura fatta di piccole cose piccole, piccole parole si respirava come se la vita fosse più dolce, più consolante, più serena. Lo scrittore amava il fiume, la terra,gli animali e le genti che  abitavano lungo il Po, un fiume che trasportava con se storie di vita e racconti infiniti.
 Lui non era mai riuscito a staccarsi da quel cielo che gli aveva dato i natali. Era molto legato alla figura di Umberto II e il Re lo ammirava con cuore. Nei suoi racconti mi viene in mente La Bandiera del Re quella che la maestra del paese volle sulla sua bara.  
Nel ricordare la figlia ho sentito l’esigenza di rileggere alcune sue pagine tratte dal “Diario Clandestino 43-45”: “Bisogna sognare: aggrapparsi alla realtà con i nostri sogni, per non dimenticarci d'esser vivi. Bisogna sognare: e, nel sogno, ritroveremo valori che avevamo dimenticato, scopriremo valori ignorati, ravviseremo gli errori del nostro passato e la fisionomia del nostro avvenire - Giovannino Guareschi

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