NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 16 marzo 2016

La Sinistra Sociale Monarchica - IV parte

L'operazione Nazione.,

Gli è, - per racchiudere queste obiezioni in tre espressioni sintetiche, - che la democrazia si difende nella democrazia e solamente nell'osservanza delle sue condizioni essenziali e di quelle che sono chiamate le sue regole del giuoco; gli è che la Libertà non può consistere, non può vivere, non può difendersi né affermare i propri benefici, se non nelle libertà, cioè nell'affermazione operante di tutte le singole libertà che la compongono, e nella loro affermazione per tutti; gli è che la Nazione è una, e chiunque assuma - come noi assumiamo - la Nazione come realtà prima e centrale della vita e dell'attività della Politica, non può che concepire la unità della Comunità nazionale quale trascendente rispetto ad ogni distinzione di ideologie di parti politiche, di ceti o di interessi sociali tra i suoi componenti, e quindi deve respingere ogni discriminazione tra i componenti della Comunità nazionale che muove dal dare a codeste distinzioni un rilievo maggiore  che non all'unità nazionale tale da incrinar questa; questa altro non può essere se non la solidarietà comune, nelle proprie e comuni libertà, di tutti i partecipanti alla Comunità nazionale, solidarietà trascendente ogni loro legittima, libera e necessaria, distinzione di ideologia, di parte, di classe, di interessi.

Insomma: alla «operazione Togni», corredo reazionario di una democrazia che ha bisogno di farsi «protetta» perchè non riesce a farsi efficace noi contrapponiamo la «operazione Nazione», cioè la efficacia operante della solidarietà comune nelle libertà comuni e proprie ed individue al di sopra di ogni distinzione o discriminazione la quale tenti di intaccare o incrinare quella nel nome di queste. Cioè: secondo la tradizione monarchica italiana - della quale noi intendiamo essere, e crediamo che il PNM abbia per primo il dovere di essere, interpreti e continuatori - noi affermiamo che oggi bisogna ricostruire l'unità nazionale, visibilmente spaccata da una lotta politica interna precipitata a lotta di classe tra due opposti interessi internazionali ed internazionalistici, e che ciò bisogna fare riprendendo lo spirito ed il metodo unitario mercè i quali la Monarchia dei Savoia trasformò se stessa da fatto dinastico regionale a fatto unitario nazionale e l'Italia da espressione geografica in Nazione. Quel che Vittorio Emanuele Il fece operando politicamente con i Cavour e con i Garibaldi, con i Crispi e con i Manin anziché con le caste e con i principii del «Palma Verde», quel che Vittorio Emanuele III fece passando, immediatamente che fu assunto al Trono, dalla politica dei Di Rudinì e dei Pelloux alla politica dei Zanardelli e dei Giolitti, oggi noi monarchici italiani dobbiamo fare nei confronti della classe operaia italiana sul terreno sociale, e non possiamo farlo se non operando politicamente senza faziose discriminazioni nei confronti dei partiti dell'Estrema Sinistra, attraverso i quali - si tratta di una mera constatazione di fatto - la classe operaia ed i ceti che le si assomigliano trovano principalmente la loro espressione politica.

Per trarre ispirazione da un testo di quella tradizione monarchica e nazionale che ci illumina e che dobbiamo interpretare e continuare, si cita qui quanto affermava, in una conferenza - tenuta a Milano il 28 settembre 1890 sul tema «Il partito progressista costituzionale e le classi lavoratrici», il Marchese Antonino di San Giuliano, la cui figura politica è - specie per quanto si attiene alla politica estera, ma non soltanto per questa - tra le maggiori di quella nostra Tradizione. «Poiché - egli testualmente diceva - bisogna pur fare sempre il contrario di ciò che desiderano gli avversari, così ciò ch'essi vogliono confondere noi dobbiamo dividere. Non è tutto un complesso di errori il Socialismo moderno; esso contiene errori misti a verità, anzi è questa mescolanza di verità che rende più pericolosi gli errori; accettiamo ed applichiamo quanto si contiene di giusto e di vero nelle rivendicazioni moderne degli operai, ed avremo tagliata l'erba sotto i piedi agli avversari delle istituzioni ». Questo, che il San Giuliano affermava nel 1890, e che dieci anni dopo doveva avere un inizio di applicazione nel rivolgimento di direzione politica operato dal giovane Re non appena assunto al Trono, é, e deve essere, oggi il punto di vista dei monarchici italiani di fronte al Comunismo che altro non è che la radicalizzazione delle  posizioni socialiste di un sessantennio fa; e di quanto esso ha radicalizzato le proprie posizioni di altrettanto noi dobbiamo, nello scegliere questa nostra strada, radicalizzare le nostre.


Sul fondamento di queste convinzioni - per ci tare ad esempio un solo problema fra i tanti la Sinistra Sociale Monarchica, chiede nella sua mozione congressuale, che il PNM si impegni a finalmente tradurre dalla carta nell'azione le proprie dichiarazioni programmatiche sulla corresponsabilità e solidarietà dei tre fattori della produzione (Lavoro, Tecnica, Capitale) nell'impresa, e ne tragga le conseguenze promuovendo legislativamente la riforma strutturale della grande industria sulla base della comproprietà del prodotto, e dell'equa ripartizione del profitto comune come conseguenza giuridica di questa comproprietà, e del Consiglio di Gestione come sua garanzia amministrativa e come suo organo e rappresentativo ed esecutivo. Questo sosteniamo perchè questo è giusto ma lo sosteniamo con maggior vigore e con maggiore urgenza perchè lo sostengono anche i comunisti e diciamo: che bisogna essere pronti a studiarne ed affrettare la risoluzione di questo come di altri problemi anche insieme con loro perché è, oltre tutto, pericoloso (è questo il vero e solo «pericolo comunista»)  che essi riescano a coprire ciò in cui hanno torto ed in cui bisogna opporsi ad essi (come le loro posizioni teoretiche materialistiche, antireligiose, internazionalistiche) con queste vere e proprie bandiere di Giustizia sociale, con queste vere e proprie bandiere di solidarietà e di interesse nazionale. Quando e dove essi hanno ragione non bisogna esitare (come se ci terrorizzassero i pregiudizi ideologici) ad andare d'accordo con loro. Qui, su questa riforma di studiare, essi hanno ragione; e ci fa ridere l'armatore napoletano il quali crede o vuol far credere di essere anche egli fautore di una «giusta politica sociale» sbandierando, da quattro anni almeno, lo specchietto per le allodole della partecipazione dei lavoratori agli utili dell'azienda (partecipazione, beninteso, per concessione capitalistica e sui bilanci fatti e amministrati solo dal Capitale!), senza accorgersi che questa poteva essere posizione di progresso sociale nel 1890 (allorchè Di San Giuliano parlava alla Cannobiana milanese), ma oggi non è più che un ferrovecchio difensivo della reazione capitalistica.

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