NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 4 marzo 2016

Rubata la testa del busto di Re Umberto II

di Emilio Del Bel Belluz  

Leggo con tanta tristezza la notizia che al cippo del Re Umberto II, a Tuscania, è stata rubata la testa.  Re Umberto II fu uno degli uomini di spessore che l’Italia ha avuto.
Si misura la dignità di una persona quando deve affrontare dei momenti difficili, in cui posta davanti alla scelta di più strade da percorrere, sceglie la più dolorosa. Alla fine della guerra, dopo quel dubbio risultato del referendum istituzionale tra monarchia e repubblica che vide vincitore la repubblica; davanti alla frase che venne detta da chi aveva grande potere : “O la repubblica o il caos”.
Umberto, che era una persona sensibile onesta con molta dignità, prese la via dell’esilio per  evitare una guerra civile. La stampa nazionale in questi lunghi anni dalla morte del sovrano non ha mai voluto dedicargli delle pagine per ricordare il suo sacrificio di uomo e di sovrano.
Era  stato educato in  modo severo per fare il Re, ma non aveva potuto compiere la sua missione. Illustri storici si sono chiesti che Re avrebbe  potuto essere, di sicuro una persona che avrebbe regnato con lealtà. Al sovrano furono rivolte delle colpe che non avrebbe meritato.
Era una persona con grande cuore, con quella sua onestà avrebbe potuto dare un grande contributo al Paese così provato dalla guerra, ma non gli fu permesso.
Dal suo esilio in Portogallo  cercò di fare il possibile per aiutare gli italiani che avevano bisogno, e che si rivolgevano a lui.
Lo fece con amore di italiano e di Re, un re che era cresciuto  con solidi principi. L’episodio verificatosi a Tuscania dimostra che gli stanno facendo del male anche da morto. La sua immagine non viene comunque scalfita.  La cosa che forse può intristire è il solito silenzio della stampa e della televisione italiana. Se fosse accaduto lo stesso fatto con un busto di un qualsiasi scrittore italiano, o di un politico, i media si sarebbero comportati in modo diverso. Non  posso sopportare questa mancanza di rispetto per un sovrano così buono.
Sono monarchico e lo sarò con orgoglio fino all’ultimo giorno della mia vita. Felice d’aver avuto questi ideali che mi hanno dato molta serenità. Credo che sarebbe bello che questo mio Paese, potesse essere più leale con uomini che hanno costruito l’Italia.  
Non è possibile, che le salme dei Savoia, riposino in una terra che non è quella italiana. Non posso concepire che questo Paese, capace di dare tutto a quelli che vi entrano in modo clandestino, non abbia il coraggio di ricordare  coloro che hanno contribuito a costruire  la storia italiana. Il parlamento  italiano  non ha mai trovato il tempo per permettere ai Savoia di rientrare in Italia,  per riposare al Pantheon.
In questo modo, anche quelli che hanno nel cuore i Savoia, potrebbero onorarli sotto quel cielo che li vide nascere. Non credo ci sia una croce più grande di quella di dover morire in uno stato straniero, e non credo che vi sia stato dolore più grande di amare la propria patria con tutto il cuore e allo stesso tempo non poterci vivere.
Morendo,  il Re Umberto II lasciò alla chiesa la Sacra Sindone , ma nessuno o in rare occasioni ne fa menzione. Anche Papa Francesco, almeno qualche volta, potrebbe ricordare che questo atto d’amore per la Chiesa lo ha fatto un  Re buono come Umberto II. 

 Quando penso a Umberto II, mi vengono in mente le parole della bella preghiera del Requetè Carlista:” La morte del giusto è il principio  della vita.  La morte sul campo di battaglia è la morte ideale delle grandi anime. Se l’ora della morte si avvicina, resta  tranquillo,  affidati alla misericordia divina. Non temere nulla, riposa nella pace di Cristo,  come colui che dorme,  poiché chi muore in Dio riposa in pace!” Il Re d’Italia era un fervente cattolico che è morto in pace. L’ultimo suo vestito fu quell’uniforme di generale italiano, sulla sua bara la bandiera Sabauda, quella che ha unificato l’Italia. L’ultima parola che mormorò fu: ”Italia”.

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