NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 18 novembre 2016

Consulta dei senatori del Regno: "Votare 'No' per la libertà del cittadino, verso una riforma vera e condivisa"

Il Presidente della Consulta dei Senatori del Regno, Aldo A. Mola
ALDO MOLA - La Consulta dei senatori del Regno respinge la "riforma" della Costituzione, approvata da esigua maggioranza parlamentare, dai colori labili, e sottoposta ope legis a referendum popolare il 4 dicembre 2016.
Tale “riforma” non migliora, ma deforma il bicameralismo; non riduce il “costo della politica”; “sopprime” (termine inaccettabile) un istituto meritorio quale il CNEL, unico organo ausiliario dello Stato comprendente “esperti”; non accelera la formazione delle leggi; non chiarisce il rapporto Stato-Regioni, giacché, fra l'altro, non risolve la disparità fra regioni a statuto speciale e quelle a statuto ordinario.
Intrecciata alla legge per l'elezione della Camera dei deputati (a sua volta varata da esigua maggioranza, sub judice alla Corte Costituzionale e non modificata prima del referendum) e in assenza della legge per l'elezione del Senato da essa prospettato, la “riforma” consentirà, nel tempo, a un qualunque partito o movimento di impadronirsi della somma dei poteri pur con modesto consenso elettorale.
La Consulta afferma che la Carta vigente va certo innovata con modifiche formali e sostanziali, ma in direzione della monarchia costituzionale, non della dittatura di partito unico, dominatore in una Camera onnipotente. La “riforma” il 4 dicembre sottoposta a referendum impoverisce il diritto di rappresentanza, vanto della monarchia di Casa Savoia dal 1848.
Per tutti questi motivi, la Consulta invita i cittadini ad andare alle urne e a votare “No”, contro la “riforma” intestata al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che, caso abnorme, cumula presidenza del Consiglio e segretariato del partito maggioritario, e al ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi.
Occorre votare “No” per la libertà dei cittadini e per aprire la strada a una riforma vera e condivisa della Costituzione italiana. La Consulta vigilerà sui modi del voto e dello scrutinio, affinché non si ripetano le migliaia di brogli che falsarono il referendum del 2-3 giugno 1946, pagati a duro prezzo dal popolo italiano.
Memore del Magistero di Re Umberto II, la Consulta chiede fermamente che i poteri istituzionali veglino sulla correttezza del confronto tra le forze in campo e impediscano prevaricazioni dell'Esecutivo nei confronti del Parlamento e dei cittadini.
La Consulta osserva infine che per l'art. 139 della Carta vigente “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”, ma la via costituzionale non ne interdice altre, quali l'indizione di un nuovo referendum.
La “riforma” Renzi-Boschi ha diviso e divide gli italiani e allontana ogni prospettiva di restaurazione della monarchia costituzionale. Perciò al referendum del 4 dicembre occorre votare “No”.

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