NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

martedì 10 gennaio 2017

La Monarchia ha realizzato le libertà più autentiche - prima parte

La Restauration National, attualmente diretta da Pierre Juhel, è la discendenza diretta dell'Action Francaise fondata dal celebre pensatore Charles Maurras.  Essa ha sedi e gruppi nelle maggiori città francesi possiede un consistente movimento giovanile (l'Action Française Etudiante, a capo della quale è Henry Sacchi, un giovane di origine italiana); pubblica due periodici («Aspects de la France», settimanale, ed un mensile che ha per testata la denominazione del movimento giovanile).

E' un movimento politico dall'attività molto varia, che va dall'organizzazione di campi scuola per i giovani, alla pubblicazione di libri di pensiero, alla organizzazione di manifestazioni di piazza, alla creazione di gruppi paralleli che, di volta in volta, si occupano dei più disparati problemi di attualità.

Dal punto di vista ideologico, l'azione di questo movimento rispecchia fedelmente il pensiero e la dottrina di Charles Maurras: restaurazione delle istituzioni che assicurano l'indipendenza nazionale ed il benessere comune; liquidazione della repubblica e ritorno alla Monarchia tradizionale, ereditaria e fondata sul decentramento amministrativo. In altri termini, una controrivoluzione da attuarsi secondo i principi sociali propugnati dalla scuola di De la Tour du Pin e di Charles Maurras, che considera la partitocrazia il principio d'ogni male e l'anticamera del comunismo.

ANTONIO MAULU


Pierre Pujo è una delle figure più rappresentative della nuova generazione monarchica francese.

E’ direttore politico di a «Aspects da la France », settimanale della Action Française .
Giornalista brillante e oratore convincente, interpreta la corrente tradizionalista del pensiero monarchico transalpino.
In questo numero del nostro periodico, pubblichiamo la prima parte di una conferenza tenuta da Pierre Pujo nel febbraio 1974 a Parigì e riprodotta in un opuscolo dal titolo «Actualité de la Monarchie »



Se si vuole a grandi tratti fare la storia di ciò che fu l'antica Monarchia francese, occorre innanzitutto osservare che la Monarchia Capetingia rappresenta una stabilità istituzionale di ben 800 anni.

Per otto secoli, infatti, dai 987 al 1792. la Francia è stata governata dal medesimo sistema monarchico e dalla medesima Dinastia. La continuità politica si esprimeva attraverso l'annuncio del gran ciambellano alla morte di ciascun Sovrano: «Il Re è morto, viva il Re!» Per dirla con il duca di Lévis Mirepoix: Il Re non è morto che una volte sola, allorché Luigi XVI, il 21 gennaio 1793, salì le scale del patibolo sul quale l'avevano preceduto o lo avrebbero seguito innumerevoli cittadini d'ogni condizione - e soprattutto gente del popolo - vittime del furore rivoluzionario.

Quale enorme differenza tra questa continuità di 800 anni di storia ed il valzer dei regimi che la Francia ha conosciuto dopo il 1791.

Certo si sono avuti anche sotto la Monarchia periodi di gravi turbamenti, di guerre civili o nei confronti di Paesi esteri, ma mai, nemmeno nei momenti pia drammatici della storia nazionale, il Re ha cessato di incarnare la continuità e l'unità della Nazione .

Mi guarderò bene dal sostenere che la Monarchia rappresentasse un sistema perfetto, il sistema perfetto non esiste, cosi come non esistono uomini perfetti. Esistono, per altro, sistemi che sanno volgere al fine del bene comune i difetti così come le qualità d'un Popolo; e ce ne sono, per contro, altri che aggravano i difetti di questo Popolo e che riescono persino a trasformare in difetti le qualità.

Il celebre accademico di Francia Lévis Mirepoix ha molto giustamente osservato: Se le nostre pubbliche sventure sono per la maggior parte, attribuibili alle nostre divisioni, vale a dire al nostro eccessivo senso dell’individualismo, i nostri grandi successi sono dovuti, per la maggior parte ad affermazioni individuali, orientate nella magnificenza del destino nazionale». E non si può negare che grande merito della Dinastia Capentigia sia stato quello di aver saputo utilizzare il tradizionale individualismo dei francesi per la grandezza e la prosperità della Nazione e per il progresso della civiltà francese. 
Il prima carattere della Monarchia in Francia è che essa è stata incarnata da una Dinastia nazionale. Questa Dinastia non è stata importata, né imposta dallo straniero, essa è scaturita dall'anima francese. I suoi primi rappresentanti furono chiamati al potere per i servigi che avevano reso alla comunità. Per più generazioni, circa 2000 anni, i Re furono eletti di padre in figlio, Successivamente, venne soppressa questa elezione divenuta una formalità. L'ereditarietà venne definitivamente acquisita a partire dal regno di Luigi VIII, figlio di Filippo Augusto.

Secondo tratto caratteristico della Monarchia francese: il Re ha sempre esercitato un potere temperato. Egli non è stato né un autocrate né un despota. Se si è detto che la Monarchia era  assoluta  ciò lo si deve al fatto che il Re non dipendeva da nessuno, da nessun gruppo di pressione, da nessuna fazione. 
Secondo una tradizione ben consolidata, il Re di Francia governava attraverso Consigli. Nel diciassettesimo e diciottesimo secolo, in particolare, epoca nella quale l'amministrazione reale divenne più complessa, questi consigli compresero uomini di grande valore che preparavano le decisioni reali. Le decisioni scaturivano da discussioni approfondite e da riflessioni serie e perché il Re se ne discostasse dovevano intervenire gravi ragioni. 
D'altra parse, il Re era soggetto alle leggi fondamentali del Re ed a quelle che venivano definite, massime generali» che ispiravano il diritto francese. I parIamenti, in particolare quello di Parigi, erano severi nel rammentarglielo. Valga per tutti l'esempio del Parlamento di Parigi che dichiarò nullo il prima testamento di Luigi XIV, che intendeva mantenere il diritto al trono di Francia al duca d'Anjou, divenuto Filippo V di Spagna, perché la tradizione voleva che la Francia non potesse essere governata che da un principe francese. 
Infine, l'autorità del Re era rilevante nella sua sfera d'azione, quella cioè degli affari di stato, ma era compensata dalle libertà di cui godevano, nelle rispettive sfere, le molteplici e diverse comunità locali, religiose, professionali, universitarie, nonché gli Stati provinciali, certe branche di uffici, ciò che indubbiamente, generò anche taluni abusi ed inconvenienti ma che ebbe il vantaggio di rendere i Magistrati indipendenti dal Popolo reale. 
I rapporti fra il Re ed i sudditi non si svolgevano solamente sulla base del diritto. Setimenti autentici e profondi univano Re e Popolo. 
La Francia». ha potuto scrivere il Lévis Mirepoix, «ed il Re agivano in un sistema di reciproca attrazione>>. Il Re era il padre della Nazione ed è Jean Jaurés che ha parlato del «fascino secolare: della Monarchia ».

Il terzo tratto caratteristico della la Monarchia francese è costituito dalla suo grande agilità nel  sapersi adattare all'evoluzione sociale. Essa rappresentò essenzialmente un modo, empirico di governare. L'Amministrazione reale andò migliorandosi con il trascorrere del tempo. Il Re creava una istituzione una funzione nuova ogni volta che le esigenze dei tempi ne facessero  avvertire la necessità, lasciando che deperissero  automaticamente le istituzioni obsolete. 
Così, ad esempio, intendendo sostituirli, nel XVII e nel XVIII secolo lasciarono cadere in desuetudine la nomina di balivi e di siniscalchi.
Secondo le epoche, le circostanze, secondo il temperamento di ciascuno, i Re di Francia manifestarono in misura maggiore o minore la propria autorità. Al Re competeva il diritto di governare direttamente, Ma poteva anche conferire larghi Poteri ad un primo ministro. E' sufficiente, a questo riguardo tracciare un confronto tra il Regno di Luigi XIII e quella di Luigi XVI per rendersi canto della differenze dei metodi di governo e, pertanto, della stessa natura della Monarchia. 
Nulla ha a che spartire con le costituzioni rigide dell’epoca contemporanea che non si possono modificare nonostante molte volte la necessità lo pretenderebbe, perché i partiti non giungono mai a mettersi d'accordo sui ritocchi da apportarvi, in funzione dell'evoluzione dei tempi e delle esigenze del Paese.

La Monarchia non ha assicurato solamente delle istituzioni equilibrate, adattate alle esigenze della Francia ed al temperamento nazionale, essa ha realmente, fatto del bene al Paese.

Innanzitutto sono i Re capetingi che hanno costruito la Francia. Un Paese così diverso e così ricco di contrasti come il nostro non era necessariamente destinato a formare una Nazione unica. I Re capetingi hanno saputo agire da catalizzatori ad hanno determinato il nascere e il rapido realizzarsi del sentimento nazionale.

Il secondo beneficio che la Monarchia ha assicurato alla Francia, corollario del primo, è costituito dall’aver assicurato la difesa del Paese dallo straniero. La politica estera era veramente un affare reale ed un legame molto intenso legava l'esercito al Re. La Monarchia capetingia ha saputo difendere frontiere e indipendenza, contro tutti i tentativi egemonici che sono stati tentati dall'estero.

Dal 1636 al 1792 la Francia ha conosciuto ben 156 anni di non violazione dei propri confini. E Charles Maurras ha tenuto a sottolineare che questo periodo è coinciso con  il periodo di maggior vigore della presenza e del potere monarchico: il periodo in cui la Monarchia fu pienamente se stessa. 
Sul piano interno, il Re fu costantemente protettore del Popolo minuto, contro il feudalismo. Il Re contribuì energicamente all'affrancamento delle città nel Medio Evo; facilitò l'ascesa della borghesia e ci si ricorderà come di ciò il duca di Saint-Simon fece colpa a Luigi XIV. Non si ricorderà mai a sufficienza come fu proprio attraverso l'esercizio di una vera giustizia che i    Re estesero la Propria autorità all'intera Francia. Essi erano i giudici e gli arbitri supremi in tutte le controversie che opponevano i francesi    gli uni agli altri. E' cosi che i nostri Re si fecero amare! 
Certamente la nobiltà ebbe un posto a parte nello Stato, ma i Re si impegnarono a neutralizzare le velleità dei nobili, riuscendo anzi a volgerla al conseguimento del bene comune. Se i nobili godettero di taluni privilegi, furono caricati anche di incombenze rilevanti, come quella di servire con maggiore impegno anche finanziario, nell'esercito del Re.Inoltre, occorre ricordare che la nobiltà non cessò di rinnovarsi di secolo in secolo. Come scrisse Lévis Mireoix, «le classi rimasero aperte».  In altri termini, non era solo la nascita la matrice della nobiltà. Ad essa, infatti, si poteva pervenire anche per meriti maturati nei confronti dello stato. 
La Monarchia francese, infine consenti un’espansione costante delle libertà. Senza dubbio, i Re realizzarono una centralizzazione politica indispensabile, ma contrastarono il meno possibile le autonomie amministrative. Anzi, le incoraggiarono. Soprattutto, la centralizzazione reale non fu mai piatta. Come
ebbe a dire lo storico Funk Brentano, la Francia era irta e arruffata di libertà.

Tutte queste libertà - o privilegi che è la stessa cosa – creavano un insieme un po' confuso, ma se irritavano degli spiriti sistematici,  come saranno i fisiocrati e i rivoluzionari, i francesi trovavano in esse protezione, garanzia contro I’arbitrio.


Oggi una maggioranza di deputati eletti a qual prezzo di demagogia dispone a sua discrezione delle sorti dei cittadini.

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