NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 21 gennaio 2017

La Monarchia ha realizzato le libertà più autentiche - terza parte

Charles Maurras
Recentemente, nel suo libro «Carte sul tavolo (edizioni Fayard), Michel Poniatovisky ha dichiarato, riferendosi certo alla Monarchia inglese, ma ciò che egli dice è ancora più vero riferito ad una Monarchia alla francese : «in una Monarchia costituzionale di tipo inglese nessun uomo politico ha mai il primo posto. E questo modifica sostanzialmente  l'attitudine del mezzo politico E questo è molto importante, perché ciò riconduce in mani  era concreta l'attitudine di ciascun uomo politico alla nozione del servizio dello Stato, della Nazione, del Re. La cupidigia di potere entro limiti più corretti. Ciò costituisce un freno alle ambizioni personali in quanto lo stesso uomo di stato sa che non accederà mai al vertice dello Stato».

E Michel Poniatowsky aggiunge: «... nel mondo moderno in cm cui i quadri sociali, economici evolvono in maniera eccezionalmente rapida le genti hanno bisogno di riferirsi a qualcosa di visibilmente stabile. Una Famiglia, una Dinastia sono qualcosa di visibilmente stabile, con cui il popolo ha legami psicologici e sentimentali. Nelle grandi scosse, il passato è necessario per affrontare lo choc dell'avvenire.
Poniatovsky ha senz'altro ragione. Rileviamo, tuttavia, che questo principe della quinta repubblica non si fa scrupolo di partecipare, per conto del suo amico Giscard d’Estaing alla competizione Per il Vertice».

Viviamo, in Francia, in una campagna elettorale permanente.
Nella stesso ambito della maggioranza parlamentare, i «clans» si affannano e si disputano il «trono» repubblicano di Pompidou ancor prima che questo sia effettivamente vacante (Pierre Pujo ha scritto queste note prima della scomparsa di Ponimidou). I grandi feudatari non cessano di manovrare per essere pronti alla prima occasione ad impossessarsi del potere supremo. Un ministro non fa a tempo a porsi in vista, che gli «auguri» lo classificano nella lista dei «papabili», ciò che rilancia le gelosie e gli intrighi dei suoi eventuali concorrenti.
Nel suo recente libro “Se la Francia potesse parlare” (edizioni Fayard), Alain Griotteray scrive che i francesi sono «nervosi dopo l’inizio della sua storia sulla successione politica». E fa, in effetti, un grande merito della “legge salica” quello di aver evitato la competizione per il potere. Essa, come si sa, assicurava Io successione di maschio in maschio, secondo il principio della primogenitura.
Occorre sottolineare che la legge salica si imponeva agli stessi Sovrani. Fu per questa ragione che Enrico V, cento anni or sono, poté dichiarare, parlando al capo del ramo cadetto della Casa di Francia «II mio erede, voi sapete, io non ho la scelta ... i principi d'Orleans sono miei figli».
La continuità del potere reale, della famiglia reale, è all'immagine di quella della Nazione, ossia dell'insieme delle famiglie francesi. La Monarchia è autenticamente un sistema a dimensione umana. Il Re si ricorda e prevede. Egli è l'erede di una lunga tradizione Politica che gli viene inculcata dalla più giovane età.
La repubblica invece, non ha ricordi e le previsioni dei suoi governanti non vanno oltre le successive tornate elettorali.
La Monarchia ha detto Renan, «Costituisce il sistema della maggiore fissità per la coscienza nazionale (La riforma intellettuale e morale), ma essa procura, allo stesso tempo, la possibilità di rinnovamento periodico del potere, allorché il figlio, talvolta ancora giovane, succede a suo padre. In repubblica si accede alla massima carica al termine di un lungo «cursus honorum». La repubblica è condannata in eterno ad essere un governo di vecchi».
Ma questa continuità monarchica possiede poi un altro vantaggio: essa rappresenta «L'anti-rischio». I nostri  contemporanei sono assillati da un grande desiderio di sicurezza; una delle loro maggiori preoccupazioni è quella di potersi premunire contro il pericolo funesto che possa minacciare la loro vita. E li si può ben comprendere. L'economia moderna, la società moderna hanno bisogno di continuità politica, perché sono complesse e fragili. La Monarchia in Francia sarebbe una sorta di assicurazione contro le avventure che possono condurre alle catastrofi.
So bene che si oppongono alla Monarchia i rischi dell'ereditarietà.
Ed e vero che il Re designato per nascita può non presentare le capacità necessarie per regnare o che può divenire pazzo. Ma non si sono, forse avuti presidenti di repubblica sprofondati nella follia, come Paul Descanel o Woodrov Wilson? Su quaranta Re di Francia, solo uno, Carlo VI, è stato colpito da follia.
Nell'ipotesi che un Re si dimostrasse di essere nell'incapacità di regnare, rinuncerebbe al trono a profitto del suo successore o si istituirebbe un consiglio di reggenza.
Certo le reggenze, sotto la Monarchia francese, furono caratterizzate da disordini. Ma, che cosa accadde in quelle circostanze se non che la Francia si trovò ad attraversare situazioni di tipo repubblicano, consentendo il risvegliarsi delle fazioni che assediarono lo Stato?
La Monarchia sarebbe ancora un potere realmente responsabile.
Il problema della responsabilità del Potere è fondamentale. Se si vogliono ben guardare in faccia le cose, ci si rende conto che non vi è responsabilità nelle repubbliche.
La responsabilità del Governo dinanzi agli elettori e al Parlamento è un mito. Che sanzioni hanno subito, ad esempio, quei Governi che non avevano preparato la Francia alla guerra del 1914 o del 1939? Si sono visti, piuttosto, ritornare al parere, dopo la liberazione del territorio, quegli stessi uomini politici che, prima dei due conflitti avevano lavorato per rendere possibile il disarmo morale e materiale del Paese. In quali responsabilità è decorso De Gaulle, per aver abbandonato volontariamente l'Algeria senza preoccuparsi di garantire il futuro di tanti coni patrioti che risiedevano da decenni in quel lembo del territorio nazionale?
In Monarchia, l'interesse del Re si identifica con quello stesso della Nazione. Egli è, secondo l’ espressione degli antichi legislatori, «il primo servitore della Corona». Non possiede nulla per sé, privatamente. Egli appartiene alla Nazione. E' responsabile nei confronti dei suoi discendenti dei suoi atti, della sua politica. Se sbaglia, non paga lui soltanto, Pagano anche i suoi discendenti, i suoi stessi figli. Non esiste forma migliore di responsabilità politica.
Con la Monarchia, d'altronde, è una Famiglia, più che un uomo, ad essere al potere e Renan può definire la Dinastia capetingia (La reform intellectuelle et morale) come «Un lignaggio di gerenti interessati».
Non è necessario che il Re sia un uomo eccezionale; è sufficiente che sia un uomo di intelligenza media, che gestisca il proprio ruolo con il buon senso del buon padre di famiglia.
Fredéric Amouretti, uno dei fondatori dell'«Action Française», ci ha lasciato queste osservazioni giudiziose: «Cittadini, vi è stato raccontato che i nostri Re erano dei mostri: indubbiamente, ci sono stati anche tra di loro, è vero, degli uomini deboli, poco intelligenti, mediocri, debosciati e forse anche due o tre cattivi. Ce ne sono stati pochi che fossero eccezionali; la maggior parte furono degli uomini di intelligenza media e di mentalità coscienziosa. Considerate la loro opera: è la Francia.
Infine la Monarchia rappresenterebbe un sistema di «unione nazionale».
Si può affermare che ogni giorno si sente gente deplorare l'attitudine partigiana di questo e quello dei nostri governanti ed auspicare un Potere che sia realmente al servizio di tutti i francesi e che associ tutti alla sua opera.


Il sistema maggioritario che la quinta repubblica si vanta di aver rinforzato riesce, ancor meglio delle repubbliche precedenti, a dividere i francesi, a metterli l’uno contro l'altro.

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