NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 1 aprile 2017

“A 70 anni dal trattato di pace di Parigi: il destino delle terre istriane e dalmate, tra storia e futuro”

Un percorso tra passato e futuro 

a cura del dr. Marino Micich ( Direttore dell’Archivio Museo storico di Fiume)

Esposta per l’occasione  la bandiera fiumana con firma autografa di Re Umberto II conservata all’Archivio Museo storico di Fiume. 


Il Presidente del Circolo REX l’ing. Domenico Giglio ha introdotto la conferenza del dr. Marino Micich ricordando il sacrificio di migliaia di italiani uccisi nelle foibe, durante e dopo la Seconda guerra mondiale dai partigiani jugoslavi di Tito. Le foibe strumento del terrore che furono tra le cause principali che spinsero nel giro di alcuni anni oltre 300.000 italiani ad abbandonare le proprie terre. 
Una storia taciuta, se non proibita, che solo da alcuni anni, a partire dalla Legge del Giorno del Ricordo del 2004 approvata dal Parlamento, ha reso possibile una divulgazione più strutturata nelle scuole e nei media. Ma molto rimane da fare secondo l’ing. Giglio perché tale storia sia veramente condivisa, esistendo purtroppo in Italia ancora dei circoli politici o pseudo storici che mettono in dubbio tale scomoda verità. 
L’Ing. Giglio ringrazia sentitamente il dr. Micich, figlio di esuli dalmati, per aver voluto portare in esposizione in  occasione della conferenza un cimelio  conservato presso il Museo fiumano di Roma, vale a dire la bandiera di Fiume firmata di suo pugno dal Re Umberto II.  Dopo aver ricordato le attività promosse quest’anno dal Circolo Rex l’ing. Giglio passa la parola al dr. Marino Micich che ringrazia e informa il pubblico convenuto che tale bandiera fiumana, firmata da Re Umebrto, è conservata presso l’Archivio Museo di Fiume nel fondo Paolo Venanzi. Paolo Venanzi, esule da Fiume dopo il 1945, ricorda Micich, era di fede monarchica, tanto da costituire a Milano negli anni “60 l’Unione dei Monarchici Irredenti. Venanzi assieme ad altri monarchici fiumani si recò più volte a visitare il re Umberto II in esilio, sia in Portogallo sia in Francia. 
La bandiera esposta fu firmata nel 1970 a Cap Ferrat dove il Re si trovava per una breve vacanza estiva. Micich ricorda che altri cimeli riguardanti Casa Savoia sono conservati presso l’archivio-museo fiumano. Il tema della conferenza è stato quello di ricordare la lunga storia di italianità degli esuli istriani, fiumani e dalmati che spesso è stata confusa con il periodo fascista per tornaconto politico e ideologico di parte. 
Il Re fifma la bandiera di Fiume Cap Ferrat 1970
Le città istriane come anche Fiume erano da sempre caratterizzate da una forte identità culturale italiana che superava l’identità slava tradizionalmente più consistente nei territori interni dell’Istria o in altre vaste zone della Dalmazia. Dante Alighieri nel IX Canto dell’Inferno citava Pola come luogo di italianità “..sì come a Pola presso del Quarnaro che Italia chide e i suoi termini bagna..”. Dante è solo un esempio, ha affermato Micich, di come sin dai secoli più remoti la civiltà italiana avesse caratterizzato quelle terre. 
Successivamente avvenne l’espansione di Venezia che nel corso di alcuni secoli caratterizzò permanentemente gli usi, i costumi e i dialetti parlati dagli istriani e dai dalmati. Molte figure di letterati e uomini di cultura provengono da quelle terre, tra cui lo scienziato Ruggero Boscovich, l’autore della prima grammatica italiana Giandomenico Fortunio, l’illuminista Gian Rinaldo Carlo, il letterato Nicolò Tommaseo e lo stesso Ugo Foscolo, ricorda Micich, amava ricordare che fu educato tra dalmati, poiché frequentò gli studi ginnasiali a Spalato. Innumerevoli gli scrittori della frontiera giuliana che hanno lasciato il segno nelle antologie letterarie Giani Stuparich, Scipio Slataper, Enrico Morovich, Fulvio Tomizza e tanti altri. Molti gli istriani e i dalmati, ancora sotto la Casa d’Austria, parteciparono nell’800 alle guerre d’indipendenza per la costituzione del Regno d’Italia.

Dopo la Prima guerra mondiale (1915-18) con la vittoria dell’Italia sull’Austria-Ungheria fu acquisita la Venezia Giulia, ma per avere Fiume all’Italia ci volle l’Impresa dannunziana e poi un lungo contenzioso diplomatico tra Italia e allora Jugoslavia che terminò solo il 27 gennaio 1924 con la firma del Trattato di Roma, attraverso il quale la città quarnerina passò definitivamente al Regno d’Italia. Il 16 marzo di quello stesso anno il Re Vittorio Emanuele III fece visita a Fiume accolto da una folla esultante.
Ci furono poi gli anni caratterizzati dal regime fascista che suscitarono nelle terre giuliane nuove tensioni, già sorte nell’Ottocento, tra italiani e minoranza slava ma non produssero un esodo epocale di popolazione slava come invece avvenne dopo la Seconda guerra mondiale in seguito all’occupazione jugoslava. Micich ricorda poi gli antefatti del secondo conflitto mondiale e le nefaste conclusioni  per le armi italiane. 
L’8 settembre 1943, data memorabile, vede l’Istria abbandonata a se stessa e quindi sottoposta all’attacco dei partigiani comunisti jugoslavi, coadiuvati da quelli italiani, che danno avvio alla triste pratica degli infoibamenti. L’arrivo dei tedeschi verso la metà di settembre portò all’ instaurazione della zona militare del Litorale Adriatico e la loro azione armata spinse i partigiani jugoslavi a ritirarsi dall’Istria. Gli anni 1943 e 1944 non saranno favorevoli agli italiani come ai tedeschi e nei primi giorni di maggio 1945 vengono occupate Trieste, Fiume, Gorizia, Pola e altre cittadine giuliane. 
Zara in Dalmazia era invece caduta in mano jugoslava già il 31 ottobre 1944, dopo 54 bombardamenti a tappeto che uccisero oltre il 20% della popolazione. Nel secondo dopoguerra ripresero su larga scala gli infoibamenti da parte comunista jugoslava e prese grande consistenza, per via di altri conseguenza ad altri soprusi, l’Esodo degli italiani. Si trattò di una vera e propria pulizia etnica ed ideologica che non lasciò scampo alla componente storica italiana della Venezia Giulia della Dalmazia. Il 10 febbraio 1947 a Parigi fu firmato il vessatorio Trattato di Pace con il quale l’Italia dovete cedere supinamente alla Jugoslavia comunista di Tito tutta la Venezia Giulia, Fiume e Zara. 
L’Italia fu trattata in tutto e per tutto come Paese sconfitto e il prezzo più alto dovettero pagarlo i giuliano-dalmati con l’esodo e la perdita dei propri beni, con i quali l’Italia pagò i debiti di guerra alla Jugoslavia. Non ci fu nessun riconoscimento da parte Alleata ai meriti della cobelligeranza, ma solo amputazioni territoriali gravissime. 
Gli esuli istriani non sempre furono accolti bene nel resto della Penisola, dovettero affrontare lunghi anni nei campi profughi prima di ricostruirsi una vita dignitosa. 
Ebbene tutta questa storia è stata per lungi decenni taciuta e osteggiata dalla propaganda cultura di sinistra ma dopo il crollo del Comunismo internazionale nel 1989 le scomode verità sono riapparse. Marino Micich continua il suo intervento sottolineando che nonostante una storia tragica e costellata da ingiustizie subite i giuliano-dalmati hanno mantenuto sempre vivo il loro associazionismo e dopo il disfacimento violento dell’ex Jugoslavia avvenuto tra il 1991 e il 1996 c’è stato un movimento teso a dialogare con le nuove repubbliche di Slovenia e di Croazia. Il Governo italiano, in virtù di una piccola ma consistente minoranza italiana superstite esistente soprattutto in Istria e a Fiume (circa 21.000 connazionali) ha inteso favorire la riunione di un popolo disperso dietro accordi con la Croazia e la Slovenia. 
La bandiera di Fiume sventolata all'incontro di Beaulieu sur Mer
Oggi alcune cose sono cambiate e la Società di Studi Fiumani la prima a promuovere un dialogo articolato con la città di Fiume (oggi Rijeka –Croazia) ha ottenuto dalla autorità cittadine croate il permesso di promuovere cultura e prendere contatti con le scuole della minoranza italiana. Ogni anno quindi ci sono iniziative congiunte che sono improntate a ricordare l’identità culturale italiana di Fiume con spirito europeo moderno di apertura e collaborazione. Micich ha concluso ricordando che nel giugno 2016 la Città di Fiume-Rijeka ha voluto premiare il Presidente della Società di Studi Fiumani l’esule fiumano Amleto Ballarini per il dialogo culturale instaurato sin dal 1990. Sono atti importanti che danno la possibilità di operare in futuro per far conoscere e divulgare la cultura italiana nelle proprie terre di origine. 
A questo riguardo i governi italiani sin dal 2001 con una legge finanzia progetti culturali delle associazioni degli esuli indirizzati sia in Italia che nelle terre d’Oltreconfine. Non si tratta più di un confine chiuso come tanti anni fa ma di un confine permeabile visto che la Croazia nel 2013 è diventato Stato membro dell’Unione Europea. Anche il mondo della scuola si è aperto a queste vicende dimenticate e ogni anno dal 2006 il

Ministero dell’istruzione, in accordo con la Federazione degli Esuli promuove un seminario di studi per docenti sulle vicende storiche del Confine orientale italiano. 

Con questi segnali di speranza si è concluso l’intervento del dr. Micich  che ha letto in finale alcune passi del messaggio del Sen. Lucio Toth, esule zaratino, che non è potuto intervenire per motivi di salute.                    
“Desidero che giunga il mio saluto a questa importante iniziativa degli amici del Circolo “Rex”, che sono stati vicini a noi, esuli istriani, fiumani e dalmati, nelle battaglie culturali per riportare nella memoria della nazione la tormentata vicenda del nostro confine orientale nelle due guerre mondiali e della perdita il 10 febbraio di settanta anni fa delle province della Venezia Giulia e della Dalmazia “redente” nell’ottobre 1918.  L’egemonia culturale di una sola parte politica ha distorto la narrazione delle vicende italiane del Novecento…  Fra le vittime di questa egemonia ci fu anche la nostra vicenda di italiani dell’Adriatico orientale, gli eccidi delle Foibe e l’Esodo di massa dalle terre natali, italiane da secoli. Fiume, Pola. Zara, Capodistria, Parenzo, Rovigno e altre belle città affacciate sul mare andarono perdute e deserte di gran parte della loro popolazione autoctona italiana.. Sen  Lucio Toth”.
                 

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