NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

giovedì 22 novembre 2012

Il Partito Nazionale Monarchico - X parte


LA CRISI COSTITUZIONALE IN ATTO

Incredibile ma vero. Gli improvvisi zelatori delle più inverosimili confusioni - attraverso i loro tentativi accompagnati dal dimenare tristissimo delle teste - e profeti di sciagure nei fatti di cronaca distraggono il Partito Nazionale Monarchico dal grande compito che gli è affidato e che mai come in questo momento potrebbe assolvere. (E assolverà).

E' proprio la situazione politico-costituzionale attuale che richiama l'attenzione di tutti i galantuomini del pensiero e anima le speranze di quanti sono in Italia sinceramente monarchici.
In Italia la crisi costituzionale è in atto. Non tanto la crisi costituzionale per la restaurazione monarchica, quanto per la legittimazione costituzionale repubblicana.

Basterebbe, per consentire a ciò - o con furore sino alla disperazione o con sottile soddisfazione per la speranza sfogliare la Costituzione: non fogli, volume.
Ma prima di sfogliarla assieme sarà bene ricordare l'atto di accusa contro la Monarchia -  recte contro Vittorio Emanuele III: dal 28 ottobre 1922 sino a data non precisata - sino a date che gli uguali per il sacrificio della Monarchia, assai piú che di un Re, oppostamente interpretano: gli uni ignorandole, gli altri aggredendole; perché anche questo di singolare si verificò in Italia: che si sommarono contro la Monarchia gli argomenti della radio della Repubblica sociale italiana con quelli dei Comitati di Liberazione: beffe della storia!

E' bene tener presente l'argomento dello Statuto tradito alla data della sua mancata difesa, cosi come sarà bene riferirsi alla natura dell'Istituto Monarchico e alla elargizione dello Statuto, divenuto poi impegno da Re a popolo.

Perché la crisi costituzionale attuale si riferisce proprio anche a due dati temporali: a quello donde dalla Costituente si determinò la Costituzione; a quello della Costituzione che non ha dato... se stessa.

IL PECCATO DI ORIGINE

Coloro i quali sottovalutano l'impegno luogotenenziale al referendum che avrebbe dovuto seguire a suffragio universale diretto nel territorio nazionale hanno osservato che se anche non ci fu il suffragio universale mancando la definizione del territorio nazionale e, quindi, del corpo elettorale, la eccezione non venne tempestivamente sollevata. Ma se anche fosse possibile - e soprattutto giusto - dimenticare che nel proclama di Re Umberto del 31 maggio 1946 si leggeva: « Italiani, vi dico solennemente che, in caso di riaffermazione dell'Istituto Monarchico accetterò le responsabilità che ho assunte secondo la legge all'atto della successione, ma per quanto mi riguarda e mi compete, mi impegno ad ammettere che appena la Costituente avrà assolto il suo compito possa essere ancora una volta sottoposta agli Italiani nella forma che la rappresentanza popolare volesse proporre la domanda cui siete chiamati a rispondere il 2 giugno »; se anche fosse possibile dimenticare che nello stesso proclama Re Umberto aggiungeva: « Allora molte passioni si saranno placate; molti che oggi sono perplessi avranno avuto il tempo per fare una scelta ponderata. Allora potranno partecipare alla consultazione - come ognuno di noi fervidamente desidera - tutti i cittadini italiani, anche quelli dei territori di frontiera, oggi esclusi dal diritto di voto, anche i prigionieri' di guerra che ancora attendono di ritornare alla loro casa »; se tutto potesse andare dimenticato intorno al referendum a quella data, non potrà dimenticarsi quanto è avvenuto alle date successive: quella che doveva essere la data della Costituzione riferita alla Costituente e quella che fu la data della Costituzione.

Si potrà dissimulare cosi come si è dissimulato ed oramai si osserva il distaccato silenzio - il fatto che è all'origine - e fu impegno - della Costituente. Disponeva, infatti, l'art. 4 del D.L.L. 16 marzo 1946 che «l'Assemblea Costituente terrà la sua prima riunione in Roma nel palazzo di Montecitorio il ventiduesimo giorno successivo a quello in cui si saranno svolte le elezioni»; il che, di fatto seguì con cronometrica puntualità; ma l'art. 4 dello stesso Decreto disponeva: «L'Assemblea è sciolta di diritto il giorno dell'entrata in vigore della nuova Costituzione e comunque non oltre l'ottavo mese dalla sua prima riunione. Essa può prorogare questo termine per non più di quattro mesi ».

L'art. 4 è stato osservato sul punto della convocazione dell'Assemblea Costituente ed è stato osservato con squisita esattezza con le conseguenze beffarde per la Venezia Giulia e per la provincia di Bolzano, pure il D. luogotenenziale 16 marzo 1946 n. 99 disponendo: « I comizi elettorali sono convocati per il 2 giugno 1946 per deliberare mediante referendum sulla forma istituzionale dello Stato e per eleggere i deputati alla Assemblea Costituente. E' fatta eccezione per il Collegio elettorale della Venezia Giulia e della Provincia di Bolzano per i quali la convocazione dei comizi elettorali sarà disposta con successivi provvedimenti». La disposizione è divenuta puzzle nel senso della sua inapplicabilità e per il fatto della sua mancata applicazione; ma pure l'impegno era chiaro. Non è che la disposizione su riferita riguardante i comizi elettorali, da convocarsi successivamente, non si riferisse al referendum sulla forma istituzionale dello Stato ma soltanto alle elezioni (quali? quelle alla Costituente... già funzionante il ventiduesimo giorno successivo al 2 giugno?): infatti regge il tutto la espressione: « I comizi elettorali sono convocati... per deliberare mediante referendum sulla forma istituzionale dello Stato e per eleggere i deputati alla Assemblea Costituente »; né la eccezione riferita al Collegio elettorale della Venezia Giulia e della provincia di Bolzano è in alcun modo limitativa.

Ma assai piú grave è la inosservanza della disposizione dell'art. 4 che disponeva sciolta di diritto la Costituente ove non avesse data la Costituzione entro l'anno dalla prima convocazione: dal 25 giugno 1946. Viceversa la Costituzione fu approvata con votazione complessiva e finale nella seduta pomeridiana del 22 dicembre, fu promulgata il 27 dicembre e, per la XVIII disposizione finale, entrò in vigore il 1 gennaio 1948! In ritardo, quindi, sul termine ultimo fissato alla validità della Costituente di sei mesi!

Col calendario le sofisticazioni non sono facili: ci furono alti scrupoli costituzionali (cosi si è affermato) in Taluno che, per essi - se veramente ci furono - merita alto rispetto. Molti non ebbero scrupoli, anzi moltissimi. Moltissimi, anzi, dei censori dello Statuto... violato risero (e ridono con smorfie) su di una Costituzione morta nel ventre di una Costituente sciolta di diritto. A votarla furono in 463; i contrari furono 62. Non ritorna la proporzione tra il 52% che si calcolò per la Repubblica e il 48% che si attribui alla Monarchia e anche questo pesa e peserà a dimostrazione che abbinato il referendum all'elezione dei Costituenti si realizzò il miracolo o l'inganno - di votanti per la Monarchia che eleggevano Repubblicani. E in questa operazione grandeggiò la Democrazia Cristiana i cui elettori monarchici vennero lasciati... liberi di votare per la Monarchia pure essendosi preventivamente disposto lo Stato Maggiore e la palude repubblicani.

Non pensi alcuno che tanta esattezza di amari rilievi, amarissimi soprattutto per quelli che vorrebbero serena e sicura la nascita della Repubblica e della Costituzione (che gli altri, tra i quali noi siamo, possono anche sorriderne sia pure amaramente) nessuno pensi che tanta esattezza di rilievi sia soltanto rimpianto. Da tanta esattezza di rilievi discendono, infatti, una dimostrazione e un dovere. La dimostrazione può essere non gradita, ma il dovere deve osserv'arsi anche quando non gradito.

Quale la dimostrazione?

La dimostrazione si riferisce al coacervo e al vuoto parallelo delle norme costituzionali, delle quali si può dire che sono troppe e troppo poche, comunque tutte confuse e, quasi tutte, indeterminate.

Prima: un rilievo che può sembrare polemico mentre è di sostanza e di fondo.

A differenza dello Statuto Albertino che era, come si è scritto, una costituzione "ottriata" (dal francese "octroyer") cioè concessa al popolo dal Monarca, l'attuale Costituzione è "votata", approvata cioè dal Popolo.

Si è anche detto - e giustamente - che proprio per la differente natura dello Statuto - concessione e della Costituzione - votazione, la Costituzione repubblicana deve considerarsi rigida.

Ma qui si avverte la prima evasione. La rigidità - dagli ex-poeti, ora prosatori della Costituzione, già in condizione di dover essere « modificata » viene considerata nel suo divenire, ed appunto per questo si afferma che essa è rigida in quanto non può essere modificata se non con leggi costituzionali, « le quali debbono essere approvate con una speciale procedura e con una determinata maggioranza in seno al Parlamento ».

Ma è evidente - almeno si pensava evidente che la Costituzione rigida, proprio perché sottoposta a rigide norme per la sua modificazione, doveva essere rigidamente determinata!

Ed è proprio sotto questo profilo che la Costituzione non può non apparire quella che è: estremamente labile, confusa, alla quale si potrebbero attribuire due motti: « pericolo! svolta pericolosa! » e « vedi mano! ».

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