NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 31 luglio 2015

Hanno sbattuto Juan Carlos in cantina e si sono dimenticati del col. Tejero

di MIMMO  CÁNDITO

Chiuso in una scatola di cartone sigillata con due bei giri di scotch, ieri il vecchio (ex)re Juan Carlos lo hanno sbattuto in cantina, a prendersi la polvere dell'oblio. Ma che bella pensata, che coraggio iconoclasta, che difesa dei valori alti della patria messi seriamente a rischio dalle spericolate avventure del vecchio pensionato in disarmo. A mostrare tanto indomito ardore é stata la neosindaca di Barcellona, Ada Colau, che ha mandato via dalla sala consiliare un antico busto di un Juan Carlos e che peró, con i suoi giovani 41 anni, se rivela certamente di seguire l'intransigenza etica di cui fa sfoggio la sua galassia di “Podemos”, rivela anche – e purtroppo per lei – quanta profonda ignoranza della storia spagnola, e quanta stupida iattanza nazionalista, possano accompagnare un esercizio beceramente salviniano dei poteri locali. 

C'é un bel termine spagnolo per definire i libertini assatanati di donzelle - “mujeriego – e Juan Carlos, da giovane ma anche da vecchio, nascosto sotto il casco della moto sulla strada dell'alcova clandestina o immortalato in etá ad ammazzare elefanti con mature contesse, é stato per tutta la sua vita un mujeriego impenitente, spasso che il suo ruolo di re gli avrebbe dovuto fermamente risparmiare. Tanto impenitente e sfacciata, questa sua irresistibile ossessione, che la povera regina Sofia ha dovuto tacere appartata nell'ombra fin che il suo regale matrimonio glielo imponeva, ma poi – una volta andato in pensione da re il suo fedifrago marito – gli ha sbattuto la porta in faccia e se n'é andata a vivere per i fatti propri. 

La giovane sindaca avrebbe dunque tutte le sante ragioni per indignarsi, e difendendo il suo cuore di femminista oltraggiata sbattere via in cantina quel busto che puzza di tracotanza machista fin dentro la sua anima di bronzo. 

Non solo. Ma il vecchio (ex) re, oltre a corteggiare donzelle in calzine bianche e poi mature aristocratiche, pare che reggesse la sua corona con una qualche indifferenza verso il rispetto delle leggi e, soprattutto, verso gli obblighi del conflitto d'interessi; alla fine, certo, lo hanno dichiarato impunibile, per quanto aveva (mis)fatto dall'austero tavolo ufficiale della Zarzuela, ma – se lui é riuscito a farla franca e a sottrarsi ai giudici – ha dato tanti pochi esempi di lodevole onestá che una delle sue figlie, e ancor piú il suo principe consorte, sono oggi sulla porta della galera. 

Altre sacrosante ragioni si aggiungerebbero dunque alla decisione indignata della giovane (ma ignorante, ahimé, ignorante) alcaldesa, perché un simile pasticcione, fors'anche un trafficone, debba andarsene per sempre in cantina. E peró, la giovane salviniana, che di tutti i salviniani dimostra di avere le stesse pregevoli “qualitá”, non si é resa conto che quando la Spagna le diede i natali, quella Spagna era ancora la Spagna eterna e immobile del dittatore Francisco Franco, dove ogni pensiero libero era marchiato del timbro “rojo”del comunismo, e dove gruppi come Podemos & Co. se soltanto pensavano di alzare la cresta e protestare contro il potere istituzionale venivano sbattuti in galera e se ne perdevano le chiavi. 

Nella notte del 23-F del 1981, quando la nostra alcadesa dai sacri furori aveva appena 7 anni e giocava ancora con le bambole, la neonata democrazia spagnola si trovó ad appena un passo dal precipitare nel baratro del ritorno alla dittatura. La salvó, sia pure dopo qualche tentennamento la cui natura gli storici tuttora analizzano, la salvó quel giovane re che stava apprendendo tutti i sacrifici e tutte le criticitá che comporta l'esercizio del potere, quando un paese ha vissuto per 40 anni sotto la dittatura e la sua societá deve ancora imparare bene a difendere i beni preziosi che accompagnano la libertá. Quella notte, quasi alle 2 del mattino, quando i giornalisti di mezzo mondo accorsi a Madrid finalmente vedemmo sul piccolo schermo di una televisione ancora in bianco e nero apparire il giovane re, nel sua alta uniforme di Capitan General, con la voce ancora dominata dall'emozione per quel golpe d'un baffuto Tejero che pareva un colonnello da operetta con il suo tricorno di cartone della Guardia Civil, quando lo sentimmo che diceva la sacra parola “Constitución”, percepimmo quasi sulla pelle il sospiro di sollievo della Spagna, che ritrovava la strada della democrazia e, di questo, doveva ringraziare quel suo giovanotto con la voce incrinata. 

Allora, gentile neoalcaldesa, per cortesia, si studi la storia nazionale - che é quella della Spagna delle nazionalitá, e delle diversitá storiche nell'unitá del paese - e se crede, ma dopo aver studiato, faccia pure le sue battaglie indipendentiste, agiti pure il drappo a righe rosse e gialle della nazione catalana, rivendichi pure un referendum che separi Barcellona da Madrid, e peró non dimentichi che, se oggi ha potuto fare quella sciagurata scelta di sbatter via un vecchio busto di bronzo che mostrava la faccia di un giovare re della democrazia, questa sua decisione l'ha potuta fare perché in quella notte di 34 anni fa, quando lei giocava ancora con le bambole e faceva la pipí nel vasino, ci furono uomini e istituzioni che salvarono il suo futuro politico. Auguri, senora, y suerte. 

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